Oggi parlerò di lavoro. Non i soliti discorsi sulla disoccupazione, sul lavoro nero e sul lavoro per la carriera, ma di quello che risponde agli istinti primordiali, quello dei nostri primi antenati: i raccoglitori-cacciatori del Paleolitico. Perché ho iniziato parlando dei nostri antenati? Perché qualsiasi altra spiegazione vi abbiano dato sulla funzione del lavoro, è errata. Invece, è importante comprendere, che il lavoro è, come per i nostri antenati, un mezzo di sostentamento.
Periodicamente, leggo dei pezzi scritti da ragazzi, che raccontano delle attuali opportunità di lavoro e delle prospettive offerte. Che rabbia, pensando a quello che li attende dopo! Quando, spero, lavoreranno più stabilmente. Certo, abbiamo imparato che essere bravi, rendere il lavoro creativo e gratificante – a prescindere da quello che si fa e che ci raccontano – sta, unicamente, a noi stessi. In questo modo, anche il lavoro più semplice e umile, fatto con partecipazione, diventa, se non gratificante, almeno sopportabile. Tuttavia, mi sono incuriosito e ho cercato informazioni sul cosiddetto human resource, che domani assumerà e gestirà i nostri ragazzi sul lavoro.
Casualmente, ho trovato una tesi con un passaggio interessante:
In alcune organizzazioni si nota una totale dissociazione fra retribuzione, performance e aspettative. Spesso succede perché il management non ha le idee chiare a proposito di ciò che può e non può fare la retribuzione.
Sostituiamo “alcune” con “quasi tutte” e abbiamo fatto centro. Non illudiamoci: questi giovani dottori, quando entreranno nell’organizzazione di un azienda, diventeranno più freddi della sezione FAQ di un sito web e rivolgersi a loro, sarà umiliante, come parlare di un problema personale ad un notaio. Essi diventano, di fatto dei no-human-resource.
Non ho il titolo per fare disamine politiche e sociali, ma ho il titolo per raccontare ciò che sento, vedo e provo sulla mia pelle. La retribuzione è un concetto artificiale, nato quando l’organizzazione sociale primordiale si è articolata, creando gli specialisti e inventando il baratto, poi degenerato nella retribuzione in cambio di una prestazione e nell’egoismo.
Sarebbe bello immaginare che la giovane dottoressa della tesi, si stia impegnando per evitare queste distorsioni, perché, come diceva al nostro capo, il collega Tiziano Lucio, che non c’è più, ma ci vedeva lungo:
Se vai dal macellaio a parlare di filosofie di organizzazione aziendale e oggettivazione della meritocrazia in azienda – invece di portargli dei soldi – ne uscirai a mani vuote!
Come vedete, nel meccanismo del baratto, qualcosa non ha più funzionato e oggi siamo costretti a ritornare alle origini. Purtroppo, non siamo più capaci a cacciare, quindi possiamo solo raccogliere: alcune volte, persino raccattare. Cosa, diversa da quello che facevano – in armonia con la natura – i nostri antenati.
In sintesi, ecco il mio semplice – forse troppo retorico – consiglio: nel moderno mondo del lavoro, bisogna fare molta attenzione, perché per fare i raccoglitori (raccattatori) ci si deve chinare… e, a quel punto, prenderlo nel culo, è davvero un attimo. E adesso non fate gli spiritosi, per chiedere se mi sta ancora bruciando…
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