Anatema

anatema

Devo lanciare un anatema. Davvero, seriamente. Lo so che ridete, lo so che sono lontano dalla chiesa – dove entro raramente e a forza – e dai suoi riti; aborro i matrimoni e non reggo i funerali. Non pratico, ho una fede dubbiosa, prego a modo mio e credo in Gesù e nelle sue parole, in modo laico (diciamo così); sono, quindi, un riferimento spirituale veramente poco credibile.

Cominciamo dagli effetti del degrado morale, della mancanza di educazione e dell’oblio delle buone maniere, che sono “ovvietà” sotto gli occhi di tutti. Poi, ci sono l’eccesso e la trasgressione, che ormai, sono l’unica cosa che fa scalpore: peccato, che dietro ci sia solo morbosità e dentro ci sia solo il vuoto. In più, c’è l’ignoranza – sì, quella meramente scolastica – drammaticamente visibile, dai quiz televisivi alle interviste di piazza, che testimonia la superficialità della “gente”. L’ignoranza è una colpa. Chi non prende coscienza, e accetta di essere così ignorante, affronta la vita senza porsi domande, sputando sentenze, prendendo decisioni e formandosi opinioni, in modo del tutto sommario, a discapito della comunità e di se stesso.

Al termine di queste disquisizioni, è lecito, che vi chiediate chi io creda di essere, per ergermi al di sopra degli altri e giudicare, oppure, che mi consideriate, semplicemente, un qualunquista. Magari mi sbaglio, ma qui manca un ordine morale, che non deve essere, come comunemente inteso, una lista di regole bigotte, ma un modo funzionale di fare funzionare la comunità. L’anarchia “intellettiva” non può essere ammessa, perché, la libertà dell’uno termina dove inizia quella dell’altro: non possiamo sottrarci a questo principio.

Le “regole” esistono già, sono nelle origini e nella storia dell’umanità, perché le debolezze dell’uomo quelle sono e sempre saranno. Dal punto di vista religioso dovrebbero essere messi da parte fondamentalismi e sensi di colpa – ed è in questo senso, che le istituzioni politiche dovrebbero farsi carico del rispetto della legge e di dare istruzione.

Dio o non Dio, qualcuno si era già posto questo problema e aveva scritto i dieci comandamenti che io interpreto così:

comandamenti

Io sono responsabile dei miei gesti, pertanto:

– non ci sarà altro responsabile che me

– non nominerò il nome di un altro uomo invano

– mi ricorderò di rispettare le idee degli altri e l’interesse comune

onorerò mio padre e mia madre

– non ucciderò

– non lascerò che il diritto della ricerca del piacere, anche fine a se stesso, prevarichi l’umanità dell’individuo

– non ruberò

– non dirò falsa testimonianza

– non tradirò

– non sarò invidioso.

Mi sforzo di pensare se sia possibile farne a meno, ma, anche se qualche volta ho sgarrato e sgarro, mi riesce difficile pensare che possiamo vivere senza. Se ognuno di noi obbedisse ai principi di umanità e reciprocità, quale base imprescindibile dell’individuo, sarebbe l’insieme – cioè noi – a garantire l’ordine morale, la governabilità e la convivenza pacifica.

Ma, purtroppo, una società perfetta è pura utopia e anche la speranza a volte vacilla.

2 risposte a "Anatema"

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  1. secondo me un bravo cristiano è prima di tutto una brava persona, non voglio fare l’esegesi del Vecchio Testamento perchè non sono in grado, ma credo che non a caso si chiamino “Tavole della legge” perchè tutto il Vecchio Testamento è improntato anche a dare regole di condotta nella vita quotidiana (ci sono brani anche inerenti l’igiene personale ad esempio)… la cosa veramente grave è che non si riesce ad essere bravi neanche per fede, non dico per un’esigenza intima di comportarsi bene… Perchè non è vero che il confine tra bene e male è labile, anzi…

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