La cena

 

ristoranteFui il primo ad entrare nel locale. I tavoli erano vuoti ed il personale sembrava interessato a tutt’altro che a me. Fuori c’era un tempo da lupi e la pur fredda accoglienza fu per me un caloroso benvenuto.

“Prego signore, si accomodi dove vuole, lei è il primo questa sera e può sedersi dove preferisce.”

Scelsi un tavolo comodo per vedere la tivù e mi accomodai.  Avevo selezionato quel posto su internet, sperando che le recensioni fossero veritiere, ma, dalla prima impressione, cominciavo a sospettare che fossero un po’ aggiustate. Mentre finivo di mettermi in ordine, sentii che i camerieri discutevano fra loro dell’incontro che si doveva giocare quella sera e ne approfittai per indirizzarli dove volevo io:

“Guardate che la partita è alle nove e mezza, vero che me la fare vedere?”

“Non si preoccupi dottore, senz’altro sarà servito.”

“Mi scusi per l’accoglienza, ma sa, abbiamo appena aperto; ha visto che tempaccio? Da non credere di questa stagione…”

Si giustificò un cameriere, mentre, con fare esperto, mi porgeva un menù decisamente vissuto.

“Se vuole, posso consigliarla io… intanto le offro un aperitivo, così avrà più tempo per pensare.”

Un attimo dopo mi sorseggiavo un buon Campari e nel frattempo scorrevo la lista delle pietanze. Ordinai una bruschetta come antipasto, delle linguine allo scoglio e per finire un fritto misto di pesce, mentre nel locale cominciavano ad affluire altre persone.

“Cosa preferisce da bere, vino bianco o rosso?”

“Col pesce del bianco grazie, ma non secco e che non costi troppo altrimenti vado fuori budget”.

“In questo caso le consiglio un Fiano della Campania: molto amabile, gustato fresco farà senz’altro al caso suo, si fidi”.

“Va bene, se proprio devo…, allora mi fido.”

Abbozzai un sorriso, ma il cameriere non si scompose:

“Ne prende un bicchiere o ne gradisce una bottiglia?”

Valutai velocemente che un bicchiere sarebbe stato troppo poco per l’intera cena.

“Una bottiglia grazie, tanto ho tempo e non devo guidare questa sera.”

Dissi una bugia, ma sapevo che l’albergo era a poca distanza e che quindi avevo buone probabilità di farla franca. Cominciai a degustare il contenuto della mia bottiglia mentre aspettavo l’arrivo di quello che avevo ordinato. Così non feci molto caso alle tre signore che si accomodarono nel tavolo di fianco al mio poiché la mia attenzione era tutta rivolta al bicchiere di vino e al programma d’intrattenimento che stava passando sullo schermo della tivù. Notai, appena la coppietta si sedette alla mia destra, che lei era alquanto bruttina, lui invece proprio non lo classificai, ma sicuramente doveva essere un tipo di ordinaria tranquillità. Viceversa osservai con più interesse la famiglia che mi si sedette di fronte, padre, madre e bambino paffutello, sicuramente non simpatico, anzi lo giudicai viziato, in base a cosa non saprei; tuttavia certe cose si sentono a pelle, magari poi uno cambia opinione, ma spesso la prima impressione è quella giusta. Di lì a poco la sala terminò di affollarsi ed in breve, dopo l’arrivo di un’allegra combriccola di amici che andarono ad occupare l’ultimo tavolo libero, fu completamente piena.

* * * * * *

Nel frattempo arrivò la bruschetta che avevo ordinato: deliziosa e profumata dal basilico fresco che sembrava appena raccolto. I pomodorini e l’olio dal sapore deciso completarono l’opera. Ammisi che come inizio poteva andare bene, soprattutto perché il pane era abbrustolito al punto giusto, caldo quanto basta per non scottare la lingua, ma abbastanza da far risaltare l’odore dell’origano e al tempo stesso fondere assieme il sapore degli altri ingredienti. Soddisfatto mi versai un altro dito di vino. Mentre lo assaporavo mi guardai attorno con più di attenzione. Le tre signore, notai, avevano intrapreso uno di quei discorsi, tipici delle donne, fatto di misteriosi argomenti noti solo a loro, e stabilii che avrebbero potuto continuare a conversare tutta la notte senza essere turbate da alcunché e soprattutto senza che la loro parlare conversazione portasse ad una qualunque conclusione sensata. Fiero di questa constatazione spostai lo sguardo in fondo alla sala dove due coppie di giovani amici cercavano di intrattenere un bimbo di pochi mesi il quale a sua volta li squadrava con espressione perplessa. Sopra di loro faceva bella mostra di sé un quadro sul quale era raffigurata una slanciata dama vestita di rosso al fianco di un’elegante limousine degli anni trenta. L’arrivo del vassoio con le linguine allo scoglio, che sarebbe bastato per due, interruppe il mio sguardo indagatore. Fui subito compiaciuto del fatto che la mia scelta fosse stata azzeccata e per questo intendevo gustarmele con studiata lentezza, in modo da non finirle troppo in fretta ed assaporarne il gusto per intero. Quasi contemporaneamente furono servite due abbondanti pizze ai genitori del bambino paffutello ma nulla per il pargoletto. Pensai che i due volessero dividere il tutto per risparmiare, tuttavia da lì a poco arrivò un enorme piatto di risotto al pomodoro anche per l’angioletto. Finii per distrarmi, ma non potei fare a meno di notare che il piatto della piccola peste fu quasi subito sostituito da un altro, perché sicuramente il primo non aveva raccolto il gradimento del ragazzino. Evidentemente non mi ero sbagliato sul fatto che il bambino fosse parecchio viziato.

* * * * * *

Stavo per infilare la forchetta nelle linguine, quando, con la coda dell’occhio, vidi entrare una giovane e piacente donna, ben vestita, che immediatamente si rivolse al cameriere più vicino, indubbiamente per chiedere un posto al quale potersi sedere. Li vidi discutere per un attimo e ovviamente, dato che non c’erano più tavoli liberi, il cameriere dovette dirle che purtroppo avrebbe dovuto aspettare e immaginai che per tutta risposta lei se ne sarebbe andata. Invece, con mia sorpresa, vidi il cameriere avviarsi nella mia direzione:

“Mi scusi, le spiace se faccio accomodare la signora al suo tavolo? Sa, non vorrei mandarla via, con questo tempaccio là fuori… ormai si è fatto tardi e chissà quanto ci metterebbe a trovare un altro posto.”

“Non si preoccupi, la faccia pure sedere, di sicuro non mi darà fastidio.”

Mentre il cameriere tornava indietro, per comunicare la notizia alla donna, mi versai un altro bicchiere di Fiano della Campania e ne ingoiai velocemente un sorso.

”Piacere, mi chiamo Silvia, scusi se le invado il tavolo, ma il cameriere è stato così gentile e poi non avrei saputo proprio dove andare…”

“Giacomo, io mi chiamo Giacomo e non si preoccupi, non mi disturba affatto. Anzi, vuol favorire?”

Le risposi mentre le porgevo la mano e la osservavo con attenzione. Lei la strinse accennando un sorriso. Poi replicò:

“Sì, grazie, ormai… Anche Lei è in giro per lavoro?”

“Sì, ma diamoci del tu… fra colleghi di tavolo…”

“Mi scusi ancora, pardon… scusami, sai sono un po’ imbarazzata, non mi è mai capitata una situazione del genere e poi così, all’improvviso…”

“Non preoccuparti, gradisci un po’ di vino?”

Le riempii il bicchiere e feci un rabbocco al mio. In breve, superato il primo impaccio, sviluppammo una piacevole conversazione e, da lì a poco, ordinammo una seconda bottiglia di vino che cominciammo a sorseggiare come se fossimo stati amici o colleghi di vecchia data. Condividemmo ed apprezzammo il menù, così, non ci accorgemmo neppure che nel frattempo il ristorante si era praticamente svuotato e continuammo a conversare centellinando il nostro vino fino a quando…

* * * * * *

Sarà stata la stanchezza per il viaggio, il tempo da lupi o il vino fresco bevuto in abbondanza: l’unica cosa certa è che il mattino dopo mi ritrovai, senza sapere come, nel letto della mia camera d’albergo. Il posto di fianco a me era vuoto. Provai una sensazione di smarrimento, perché non avevo cognizione del tempo e dello spazio. Accesi la luce e riconobbi la stanza, guardai ora e data nel display sul comodino, accesi la televisione e mi rassicurai. Avevo un senso di solitudine e mi rabbuiai perché della sera precedente non riuscivo a ricordare nulla oltre l’arrivo della seconda bottiglia di vino. Quindi cercai di concentrarmi sugli ultimi avvenimenti: all’inizio faticai, poi un po’ alla volta mi tornarono in mente il ristorante, i commensali e… Silvia. Sentivo ancora il sapore del piacere nel mio corpo, ma lei non c’era più. Provai a cercare degli altri indizi, che potessero aiutarmi, vidi solo i suoi indumenti sparsi ovunque per la stanza, tranne le mutandine. Chissà dov’erano finite. Non mi capacitavo: dov’era finita? Mi colse un dubbio improvviso: andai verso l’armadio con ansia, cercai il portafoglio. Non solo non lo trovai, ma nemmeno i miei indumenti erano al loro posto, ad eccezione dei pantaloni, a terra davanti alla porta. Per il resto, rimaneva solo l’odore del mio dopobarba, quello che adoravo. Il tono di un sms, ruppe quel silenzio irreale, facendomi sussultare: “Ieri notte la stradale mi ha sequestrato l’auto e la patente. Mi hanno trattenuto, rilasciandomi solo ora, per guida in stato di ebbrezza.” Interruppi la lettura perché il buio della mia mente fu squarciato come da un lampo di luce, mi voltai verso lo specchio e la mia espressione mutò: io ero una donna, io ero Silvia, ero nuda e sapevo di dopobarba. Ecco! Ciò che ricordavo, altro non erano che i suoi racconti fino a prima della seconda bottiglia. Continuai a leggere: “Hanno sorvolato sul fatto che indossassi le tue mutandine, ma, per favore, puoi venire a prendermi alla caserma della polizia qui in paese? Non dimenticarti i miei pantaloni. Giacomo.”

 By Pepelion and Papillon

3 risposte a "La cena"

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  1. Per mia fortuna stasera ho il barbecue e la bruschetta me la posso fare… altrimenti sarei rimasto con l’acquolina alla gola per non so quanti giorni 😉
    Bel post, ben scritto e bel finale (mi ha un pò raggelato e credo esclusivamente per l’immedesimazione ed il coinvolgimento in prima persona), complimenti!

    "Mi piace"

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