Una vita nella vita

lavoro

Il “lavoro dipendente” è quel luogo dove – se abbiamo la fortuna di averlo – trascorriamo almeno quaranta ore la settimana; se, dalle ore di cui è composta la settimana (centosessantotto), togliamo anche le ore di sonno (cinquantasei), ne restano settantadue da dedicare alla propria vita personale. Ovvero, quelle che trascorriamo con le persone care o a fare quello che ci piace, sono meno della metà delle ore che viviamo.

Oggi, che una delle più prolungate crisi economiche del mondo moderno, ha ridotto la vita privata ad una lotta di sopravvivenza, ad un continuo rivedere i conti per ridimensionare il proprio tenore di vita e poter arrivare alla fine del mese, il lavoro è la tua unica forza e speranza.

Fanculo alle ideologie, alle utopie, alle motivazioni, al politicamente corretto: quando il lavoro, da strumento per raggiungere l’obiettivo, diventa l’obiettivo e devi ringraziare chi te lo da, l’unica cosa che conta rimane quel maledetto numerino in basso a destra.

Il lavoro è nobile perché è un principio fondante dello Stato, ma può diventare “privilegio”, quando viene sfruttato da qualcuno.

Tutto questo non elude i problemi di sempre, i problemi di tutti: occuparsi della salute, dei genitori anziani, dei figli e della famiglia, perché è la tua responsabilità, il tuo orgoglio e sarebbe anche il tuo piacere, se non ci fosse quella maledetta paura di non farcela, l’angoscia di non riuscire più a fare ciò di cui c’è bisogno, tanto da non dormirci la notte.

Il lavoro magari ti piace anche, t’impegna e non ti fa pensare; sul lavoro puoi trovare qualcuno con cui – col passare degli anni, durante le trasferte e le pause alla macchina del caffè – hai finito per spartire tante confidenze. Così, i colleghi si possono trasformare in amici, capaci di ascoltarti senza alcuna aspettativa, aiutandoti ad alleviare quell’angoscia e, magari, a schiarirti le idee.

Può essere anche qualcosa di diverso, per altri, ma io penso che, per chi gli è sopravvissuto per tanti anni come me, sia una vita nella vita. Non importa quanto sia qualificato: il lavoro è un insieme di vite separate, ma condivise, un luogo di rabbia e frustrazione, di segreti confidati e di risate: l’ultimo giorno, come il primo, come quando eri ragazzo.

9 risposte a "Una vita nella vita"

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  1. Ah! Esiste ancora il lavoro dipendente in questi termini?
    😉 Ovviamente scherzo, da precaria cronica ho ormai dimenticato che cosa significhino salario, colleghi e… numerino in basso a destra. Però bella la tua analisi e molto positiva 🙂

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  2. Dopo la lettura del primo paragrafo mi ero già un po’ depressa, poi ho realizzato che oggi è il primo giorno di lavoro dopo le ferie (e per la cronaca è anche il primo giorno d’autunno) e mi sono intristita ancora di più.
    Certo, essere precari è ancora peggio!

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      1. No, io intendevo dire che consolarci con l’idea ottimista che il nostro ammuffire giornaliero ha l’aspetto positivo di permetterci di godere di situazioni da “Camera Caffè”… è come dire che i campi di concentramento avevano l’aspetto positivo di favorire la socializzazione, la vita non sedentaria e la perdita dei chili di troppo.

        Comunque io non mi aspetto molto dal lavoro. Anzi mi considero fortunato.
        Mi aspettavo invece di più dalla vita: abbiamo a disposizione una manciata di anni e speravo di viverla “alla Steve mcQueen” (per dirla alla Vasco Rossi), invece tutto si riduce ad un ammuffirsi sul lavoro. E’ un enorme spreco.
        La vita ,per il 90%, è una lunga noia in attesa di invecchiare. Poi certo c’è anche quel 10%, però che palle! Che affare svantaggioso!
        E tutto questo nel *MIGLIORE* dei casi! Se invece ci si mette la sfiga allora può andare anche molto molto moooolto peggio!

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      2. Io cerco di essere ottimista. Nel post intendevo mettere a fuoco una riflessione e, se vogliamo, la fortuna di aver trovato dei colleghi che sono diventati anche amici. Da quel che sento la maggior parte delle persone cade nel tranello di odiare i colleghi per via delle proprie frustrazioni senza capire che si è tutti nella medesima barca. Quindi meglio cercare di star bene insieme.

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      3. Questo di sicuro! Io lo dico sempre: visto che DOBBIAMO passare molto tempo sul lavoro, tanto vale cercare di trovarci bene.
        E’ importante che ci sia un clima di serenità, senza serpi, e potersi fare anche una risata per passare meglio le ore in carcere.

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