Mi chiamo Furio, sono un tipo tranquillo, abitudinario, monotono. Faccio sempre le stesse cose, allo stesso modo e negli stessi orari. Cambiare mi disturba.
Questo fino all’altro giorno, quando, passando davanti ad una pizzeria che avevo frequentato con regolarità, mi sono reso conto che non ci andavo più ormai da diversi anni, benché fosse uno dei miei posti preferiti. Così, rivangando fra i ricordi, mi sono chiesto il perché, scoprendo che un vero motivo non c’era.
Sparse negli anni, si erano verificate molte altre situazioni simili, anzi, più scavavo nei ricordi è più riuscivo a trovare episodi analoghi. In pratica sto parlando di tutti quei casi in cui l’abbandono di un’abitudine non è stato volontario, ma casuale e razionalmente immotivato. Ad esempio: decidere di non andare più in palestra, perché non avevo più tempo per farlo, non poteva essere annoverato fra i casi che sto citando.
Per carattere odio ciò che sfugge al mio controllo. Così ho iniziato un esame ragionato di tutte le mie abitudini ponendomi domande del tipo: “Quando è stata l’ultima volta che ho fatto una determinata cosa?” Pensate a un negozio nel quale avete comprato spesso e dove non siete più andati o a un luogo che amavate frequentare e dove non siete più tornati: vedrete che non è stata una vostra decisione, ma semplicemente avete perso quell’abitudine e basta.
Non fermandomi di fronte alle prime conclusioni, mi sono fatto altre domande: “Quando sarà l’ultima volta che andrò al mare? Quando sarà l’ultima volta che ascolterò quella canzone alla radio?” “Quando sarà l’ultima volta che farò l’amore?” Alla fine, ne sono uscito distrutto e sono certo che anche a voi, l’angoscia indotta da queste domande, restituisce, in modo drammatico, il timore dell’ineluttabilità della fine: probabilmente è la stessa sensazione che prova, un condannato a morte.
“Oh, caspita… bussano insistentemente e fastidiosamente alla porta… proprio adesso che non ho tempo e a quest’ora inconsueta poi! Aspetta, guardo dallo spioncino… gli inquilini stanno abbandonando lo stabile: eppure dovrebbero saperlo che non amo modificare le mie abitudini…”
Non intendo aprire. Io, sono un tipo tranquillo, abitudinario, monotono. Faccio sempre le stesse cose, allo stesso modo e negli stessi orari. Cambiare mi disturba; ma ora tutto è stato programmato e nulla potrà più deviare da quanto ho deciso. In strada ho sentito arrivare i pompieri e forse ci sono anche la polizia e il 118. Probabilmente è per via di quell’insistente odore di gas: ho staccato io il tubo, ma fra poco – quando l’appartamento sarà saturo e il compressore del frigo s’attaccherà – smetteranno di importunare. Finalmente ho il controllo totale del mio destino.
By Pepelion and Papillon
Oh cessù … Papillon batti un colpo se ci sei ancora!
Magda direbbe “non ce la faccio più”! 😦
un caro saluto
Affy
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Ci sono, ci sono… non è un racconto autobiografico! Le riflessioni del personaggio però si fanno… ah, già, Magda, che tra l’altro lo diceva con l’accento delle mie parti…
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Mi sa che un abitudinario maniacale non farebbe saltare la casa col gas… troppo disordine!
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A prescindere dal personaggio, è una riflessione interessante. Non l’avevo mai considerata. Comincio a fare l’elenco delle abitudini perse, credo siano tante per quanto mi riguarda. Eppure penso sia meglio così, anzi è forse ancora meglio cambiarle spesso, con volontà o no.
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C’è stato un tempo in cui me le sono poste realmente, ora la penso come te.
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Ciao, scusa se rispondo qui: se leggi la sezione “avvisi” capirai perché lo faccio.
Innanzi tutto ti ringrazio per i likes e i commenti 🙂
Poi non direi che l’altro blog sia mio: è un multiblog sul quale mi hanno invitato a scrivere e al quale partecipo molto volentieri,anche come admin. Se ti va fatti un giro: è molto carino, interessante e pieno di belle iniziative!
Grazie ancora!
Lucia 🙂
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Grazie ciao
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🙂
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