“Ciao Giuseppe, sono Giovanni”
“Toh, chi si risente, il mio editore preferito. Dimmi pure…”
“Spiritoso! Ti ricordi la bozza di quel racconto che mi hai inviato ieri sera?”
“L’elenco…”
“Sì proprio quello, veramente originale, l’ho fatto pubblicare questa mattina ma ho cambiato il titolo”
“Come!? Veramente… non avresti…”
Non cominciare con le solite storie, qui non abbiamo tempo da perdere in revisioni e discussioni, altrimenti non si va avanti. L’ho pubblicato e basta, mica si può approfondire tutto, vedrai che andrà bene anche così. Adesso scusami, ma devo chiudere perché ho un appuntamento, ci sentiamo, a presto.
“Ma…”
Non fece in tempo ad aggiungere altro perché il telefono iniziò a emettere il caratteristico suono prolungato di fine conversazione. Per alcuni istanti, indeciso sul da farsi, Giuseppe restò a fissare lo smartphone che, dopo la conversazione, era tornato in stand-by, poi con calma, prese a comporre un messaggio su WhatsApp: “Ciao Giovanni volevo scusarmi per l’errore di ieri sera, ma ho confuso l’allegato di una mail per mia moglie, anch’esso contenente un elenco, con quello del racconto. Lo controllo ancora una volta poi te lo invierò, sperando che ti piaccia, saluti, Giuseppe”.
Subito dopo inviò un nuovo messaggio, questa volta a sua moglie: “Buon giorno dolcezza, dormito bene? Ti mando di nuovo l’allegato con l’elenco delle cose che dobbiamo fare insieme almeno una volta nella vita e quello delle cose che devi portarmi qui in campagna perché ieri sera ho sbagliato indirizzo e l’ho mandato a quello stronzo del mio editore. Non dimenticarti la canna da pesca, le mie scarpe da jogging, la maglia di cotone per la sera e il libro di Camilleri. Ci sentiamo appena ti svegli. Bacio, Giuseppe”.
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…la t-shirt con il tramonto sul mare, la maglia di cotone per la sera, la camicia a quadri, il libro… Per alcuni istanti restò immobile a fissare la valigia che stava riempendo con le sue cose, ripercorrendo mentalmente l’elenco di quanto avrebbe dovuto portare con sé.
“Avrò dimenticato niente?” Si chiese.
Tornò a guardare nell’armadio in cerca di qualcosa da aggiungere, prese un’altra camicia e la mise nella valigia sopra la pila degli altri vestiti. Finalmente soddisfatto da quell’ultima aggiunta, si diresse alla porta finestra della stanza e spinse lo sguardo oltre i vetri, là in fondo, fino alle montagne innevate che, maestose, in lontananza si stagliavano contro il cielo azzurro indaco.
Rimase a lungo a fissare il vuoto, affascinato dal volo cadenzato degli uccelli, mentre pensieri vorticosi gli affollavano la mente. Poi improvvisamente, in un moto di collera, corse ad afferrare la valigia, la capovolse, continuando a scuoterla furiosamente anche dopo che ne era caduto tutto il contenuto, ed infine la scaraventò violentemente contro la parete della stanza. Poi, come appagato da quel gesto violento, si sedette sul letto restando immobile e silenzioso ad osservare il mucchio delle sue cose sparso sul pavimento.
“In Giamaica non sono mai stato” Pensò.
Andò nuovamente all’armadio, prese degli altri vestiti e li mise nella valigia ignorando quelli sul pavimento. Vide il libro di Camilleri vicino al proprio piede: “Questo voglio leggerlo in riva la mare”. Lo raccolse e fece per metterlo nella tasca esterna della valigia, ma qualcosa urtò la sua mano. Estrasse l’oggetto dalla valigia, vide che era una busta piena di fogli: immediatamente si ricordò cos’era e perché l’aveva messa lì.
Con il plico in mano e gesti calmi andò in balcone, aprì il contenitore della carta da macero, strappò con cura ogni pagina ed infine anche la busta con impresso il logo dell’istituto per la cura dei tumori.
“Non lo farò, mai” pensò, “Quel maledetto viaggio in Svizzera lo facciano gli altri, io voglio vedere il mare, i tramonti, il cielo stellato e sentire il profumo della salsedine quando viene sera. E poi voglio ricominciare in un altro posto, voglio vedere, conoscere, esplorare. E questo finché potrò farlo e poi voglio tornare dove sono nato, perché io possa ricordare cos’ero e cosa sono stato, perché è lì che tutto è iniziato ed è giusto che lì tutto finisca”.
Chiuse il contenitore per i rifiuti ed uscì in giardino. Alzò lo sguardo verso il cielo e vide passare un aereo diretto all’aeroporto, sorrise e tornando dentro casa prese a canticchiare un vecchio motivo di Bennato: “Io me ne andrò in Giamaica l’8 di agosto, e vado con un volo charter perché in nave, non c’era più posto, tanto, che fa, se arrivo a Kingston un po’ più presto!”
Seduto alla scrivania, Giuseppe terminò di leggere ancora una volta il pezzo, al quale, grazie ad uno scherzo del destino, aveva appena cambiato il finale. Questa volta fece attenzione ad allegare il file corretto ed inviò. Poi, impugnò il cellulare…
“Pronto, amore? Devi rifare la valigia, non ci vado più in Svizzera, andiamo al caldo… ah, spunta la prima voce dell’elenco…”
By Pepelion, with a little help from Papillon
Delizioso come sempre! Buona mattina a te.
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