Tanto per cambiare parlo di donne. Parlo delle mamme, delle zie, delle amiche delle mamme, delle amiche delle zie, per molti sicuramente già nonne; insomma quel genere di donne che ci viziano, particolarmente noi maschi, e ci coccolano realizzando squisite pietanze e dolci alle feste comandate. Loro che a te, figlio, vorrebbero ancora lavare e stirare le camice. Loro, che ti chiedono, di nascosto da tua moglie, se mangi abbastanza, perché hanno il dubbio che la nuora non te ne faccia a sufficienza. Il tutto, nonostante i tuoi maledetti 10 kg di sovrappeso, che dopo il pranzo da lei sono diventati 14! E sono ancora loro, quelle che col tempo diventano le preziose custodi dei valori e della tradizioni della famiglia.
E poi chiacchierano. Nei pochi secondi di attesa dell’ascensore sono capaci di raccontarti una saga famigliare, inclusiva di deviazioni sessuali e corna: loro, che non dicono parolacce e si scandalizzano per tutto. Mentre entri o esci da un negozio di quartiere, possono illustrarti una cartella clinica completa, fare diagnosi ed esprimere pure il giudizio morale sulla condotta del povero malato, che magari sta per andarsene, ma si è ridotto così, manco a dirlo, per colpa sua!
Ti possono frantumare i coglioni con la forza delle cariche di dinamite di una miniera di diamanti del Sud Africa, sciorinando un elenco di acciacchi che nemmeno la scienza ha ancora scoperto e a causa dei quali, quando s’incontrano tra loro, si scatena una competizione a chi più ne ha più ne metta.
Col passare del tempo non hanno più quegli sbalzi d’umore, che da noi si chiamano “paturnie” e che tanto hanno fatto dannare padri e zii in gioventù. Magari, come tutti diventano un po’ più rigide, ma almeno prevedibili, spesso sagge.
Il culmine di tutto lo raggiungono però quando parlano dei suddetti zii e mariti, che apostrofano come fannulloni incalliti, demoni, puttanieri e soprattutto insensibili e ingrati. Stranamente le stesse cose che ci dicono le più giovani, ma… Vorrà dire qualcosa? Comunque sia, ciò vale solo nella condizione che padri e zii siano ancora vivi. E sì, perché quando, dopo tutti gli strali ricevuti, i poveracci muoiono, le stesse – ormai vedove – come folgorate sulla via di Damasco, te ne parleranno mettendo in scena un lento ma continuo processo di riabilitazione (non so se con l’occulta regia del Vaticano…) con un crescendo che parte dalla canonizzazione, passa dalla beatificazione e finisce con la santificazione del poveruomo. Quindi, se col passare degli anni sarà riservata a me la stessa sorte, chiedo a gran voce che mi si faccia santo subito; almeno spero, se no mi tocca di andare all’inferno.
Non è che a causa di nonne zie e mamme che seguivano un certo cliché tu hai sentito l’inconscia necessità di andarti a cercare una moglie che proseguisse lungo la linea familiare? Perchè in tal caso il processo di riconoscimento dello status di martire non si avvierebbe nemmeno. 😉
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Io sono martire a prescindere.
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Beh parliamone! Se tu sei diventato santo ricordati che dietro c’è qualcuno che ti ha permesso di dimostrare la tua santità. ma santo o infermiere? Devo capire bene….
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Eh, infermiere non è mica male come definizione…
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Perchè santo? ti vedo meglio come martire 😉
sherahahah
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Quello, a prescindere
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Megalomane! !??
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Sbhuahahhhahahahhhaa
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