Chissà se dopo l’emozione fortissima della paternità, onorerò la grande responsabilità che mi sono preso. Si dice che valga più l’esempio delle parole e, siccome sono una persona coerente con i propri valori, credo che farò qualcosa di buono. Tuttavia, non sono tanto preoccupato su come farò il padre, ma piuttosto sul mondo che “lascerò” a mio figlio. O meglio, il mondo che troverà.
Io sono un figlio del cosiddetto boom economico ed ho avuto un infanzia edulcorata, nonostante la mia famiglia fosse umile. I miei genitori, che erano ragazzini in tempo di guerra, sono cresciuti, ed hanno vissuto la loro vita, pensando che il mondo non potesse mai più tornare indietro. Invece non è stato così. Chi è rimasto senza lavoro o ha provato la cassa integrazione, come me, ha cominciato ad avere paura di non poter più mantenere se stesso e la famiglia, rendendosi conto che del domani non v’è certezza.
Sul fronte dell’ordine sociale e della sicurezza, che sono le condizioni necessarie alla crescita di una società, abbiamo poi assistito al crollo delle frontiere tradizionali e alla ripresa di flussi incontrollati di persone, senza reali opportunità di sostentamento; un po’ come avveniva nel passato, quando crollavano gli imperi o i regni. A questo si aggiunge internet, che ci ha cambiato la vita, ma ha consentito alle forze del male di rendersi pericolose e seminare il terrore dove fino a poco tempo fa non potevano nemmeno avvicinarsi.
Questo, è il punto di vista se guardiamo il presente. Invece, se vogliamo guardare al futuro, dobbiamo guardare la storia e io lo faccio pensando ai miei nonni. Che c’entra? Direte voi. C’entra perché loro hanno vissuto, prima l’incombere e poi lo scoppio, della seconda guerra mondiale. Cosa hanno pensato quando è scoppiata e loro avevano i bimbi piccoli? Ovviamente hanno avuto paura! Ma poi non si sono persi d’animo e, anche rocambolescamente, ne sono venuti fuori e – pure se contadini ed operai, poveri e semianalfabeti – hanno insegnato ai figli l’onestà e il coraggio di affrontare qualsiasi asperità della vita. Sì, perché quale asperità, peggiore della guerra, c’è nella vita?
Forse, questa vi parrà filosofia spicciola: a me no. Per me è uno stimolo per rimboccarmi le maniche e avere lo stesso approccio dei miei vecchi, grazie al quale io sono arrivato fino qui e che porterà il mio bimbo nel futuro, scegliendo – lui – la strada più adatta, come hanno fatto loro.
Bella, interessante e tenera riflessione Papillon; benvenuto nel Club dei padri riflessivi.
Sono domande bellissime, soprattutto per chi, come noi, viene da quel passato che prometteva un futuro talmente radioso, giusto, equo, fraterno e ne ha acquisito il valore, la fragilità e soprattutto l’importanza. Non sono un “dispensatore” di consigli, odio le persone che sanno [fare] tutto, che sanno tutto su ogni cosa, che puntuali ti dicono come devi fare e cosa devi fare. Dico soltanto, da educatore [non da genitore], che stai partendo con la riflessione giusta. Di certo farai le cose giuste.
Un mondo di auguri. Soprattutto ai nostri figli.
Renato
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Puoi dirmi in quale città vivi? Se la distanza fosse compatibile si potrebbe trovare il tempo per un caffè…
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