L’uomo che viveva nei libri

libro

Aveva viaggiato molto e non ricordava da dove era partito, a dire il vero nemmeno quando era nato: forse tantissimo tempo fa, ma importava poco, ora non sembrava essere il momento dei ricordi, perché era lì, abbandonato di fianco al cassonetto della carta straccia, in cima ad un mucchio di vecchi libri sgualciti sotto una pioggia battente e non sapeva come ci era finito. Sentì, qualche condominio più in là, il ruggito del camion che svuotava i cassonetti della carta e fu colto da un angoscia profonda; quindi nell’estremo tentativo di aggrapparsi all’esistenza, si chiese se fosse stato degno di considerarsi un uomo, dato che aveva vissuto sempre e solo di concetti, senza fare mai nulla di concreto.

Tutto inzuppato si sentiva prossimo alla fine e si fece una domanda, apparentemente senza nesso: “Cosa sono le idee?” Lui che con i pensieri e le idee ci aveva costruito l’esistenza. Riuscì perfino a darsi una risposta: “Le idee sono delle cose astratte per propria natura, nascono nelle menti e si propagano con le parole; ma le parole volano e svaniscono, tranne quando sono scritte.” E in questo si riconosceva in pieno, confortandosi. “La storia, infatti, la ricostruiamo attraverso ciò che è scritto, anche se i fatti potrebbero essere andati diversamente o qualcuno potrebbe averli scritti come voleva.” Ma quello non era il suo caso, sapeva che i suoi pensieri e le sue idee, pur arrivando da molto lontano, erano sinceri ed avevano aiutato e ispirato tanta gente. Poteva morire sereno.

Sempre nel tentativo di rispondere alla prima domanda, pensò – come fossero momenti di una vita vissuta – alle mani che lo avevano accarezzato, agli occhi che si erano commossi guardandolo o alla rabbia di coloro cui aveva buttato in faccia la verità scomoda; dov’erano ora, queste persone che lo avevano apprezzato, adesso che lui aveva bisogno di loro? Nella mente, allora, si fece largo qualcos’altro: “Sì… la vecchia signora che lo aveva accudito… già: non c’era più, l’avevano portata via con l’auto nera.” Ma ecco avvicinarsi il camion, con quel rumore assordante, ad interrompere il corso del pensiero: quante volte l’aveva ascoltato dalla veranda, in compagnia della vecchia signora, anche quando lei lo leggeva al proprio nipotino. Il pensiero si schiarì un poco e lui si rammentò che un giorno l’anziana scrisse nella contro-copertina una dedica per il piccolo, il quale le disse: “Nonna, tienilo tu, assieme agli altri, io lo guarderò ogni volta che tornerò a trovarti.” E fu così; poi passò il tempo e il ragazzino diventò un giovane uomo, ma non smise di venire a trovare la nonna, leggendo lui – per lei – quei passaggi del libro che tanto amava. Il libro parlava del pensiero umano e, tra le varie cose, diceva: “L’idea è quella cosa che non ha tempo e non ha luogo. L’idea non si può realizzare, ne si può seguire. Alcuni la rubano per venderla e, con essa, si vendono anche la dignità. Un’idea, perché, abbia valore deve diventare nostra; e poi, deve farci ragionare  e aiutarci a capire – quello sì – cosa dobbiamo fare.” Fu l’ultima volta che li vide entrambi, poi venne dimenticato.

L’uomo con i guantoni e la tuta arancione fosforescente afferrò il cassonetto per svuotarlo, mentre bestemmiava con quelli che avevano gettato la roba fuori dal contenitore. “Che vuoi farci…” e si chinò per cacciare tutti quei libri nel trituratore del camion. Era la fine. Anche “lui”, che era il primo della pila, finì dentro quella macchina tremenda, aggrappato con le unghie ai propri pensieri, alle proprie idee e ai propri racconti. Intanto, l’uomo con la tuta, ignaro del dramma, salì, mise in marcia e partì lentamente, proprio nel momento in cui il ragazzo uscì nel cortile, gridando all’indirizzo del camion: “Ferma, ferma!” Niente da fare, l’uomo non ascoltò e accelerò, causando però, il distacco della contro-copertina dal vecchio libro. Il ragazzo corse e si chinò per raccogliere quel pezzo di carta caduto per terra, con la scritta ormai sbavata dalla pioggia e se lo pose disteso sul petto, all’interno del giubbotto. Dalla curva, il vecchio libro lo vide – prima dell’ultimo battito di vita – e poté finalmente rispondere alla domanda: “Sì, sono un uomo, lo sono sempre stato e lo sarò  per sempre: perlomeno finché ci sarà una persona che avrà la sensibilità di un tale gesto d’amore.” Fu così, che il ricordo e i concetti del vecchio libro trovarono dimora nel petto del giovane – tramite un ideale passaggio della vita, che li univa nuovamente – custoditi, per il resto del tempo, come un seme pronto ad essere piantato in un altro cuore.

3 risposte a "L’uomo che viveva nei libri"

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