La Torta Pasqualina

torta

Io vi racconto delle storie comuni. Se non sono le vostre, sono quelle degl’inquilini della porta affianco. Come il Signor Ugo, ad esempio. Un quarantenne distinto di aspetto, non troppo alto ma tonico nel fisico, brillante di carattere e soprattutto sessualmente esuberante. Il suo matrimonio, al contrario era già scivolato lungo la china del declino: incomprensioni e litigi avevano praticamente inacidito la relazione ed azzerato proprio il sesso. Oppure, come la Signora Ada. Una donna qualsiasi con qualche anno (e qualche chilo) in più, casalinga e trascurata dal marito, secondo uno schema diffuso in certe famiglie; sicché, si era un po’ lasciata andare, rimanendo comunque piacente.

Ma veniamo alla storia. Si da il caso, che la Signora Ada abitasse nello stesso stabile della suocera del Signor Ugo. È lì che s’incontrarono, intendendosi al primo sguardo. Fu la stessa suocera a favorire l’opportunità, chiedendo al genero di passare l’indomani a prendere una torta Pasqualina (sì proprio quella), a casa della Signora Ada. Usciti dall’appartamento dell’anziana signora, lei gli disse: “Sii puntuale, lascerò la porta accostata, non avrai bisogno di suonare ed entra in silenzio. Poi capirai.” Quando aprì timidamente la porta,  la scena che gli si presentò aveva del surreale. La signora stava nel mezzo delle cucina, messa di spalle e appoggiata coi gomiti sul tavolo, in reggicalze, tacchi e gambe ben divaricate. Ciò che si vedeva, non era propriamente la torta Pasqualina, che invece giaceva, bell’e pronta, sul piano della cucina. L’acconciatura appena rifatta, scendeva sulle spalle mostrando un bell’effetto ed era avvolta da una sensualissima nuvola di fumo, mentre la sigaretta stava stretta tra le dita affusolate e distese a mostrare le unghie perfettamente smaltate di rosso. Fu un attimo accostarsi, slacciare i pantaloni – che caddero ingloriosamente all’altezza dei calzini corti – per infilare il mestolo nella padella e mescolare con cucchiaiate lente e distese, aggiungendo del brodo (q.b.), mano mano che la pietanza cucinava. Nel mentre, le mani di lui si ancoravano morbidamente su quel filo di grasso posato sui fianchi, che rendeva il pezzo di carne ancor più saporito; visto da dietro, il Signor Ugo contraeva ritmicamente le natiche ogni volta che si alzava in punta di piedi, perché arrivava appena appena alla padella; di tanto in tanto, tra una mescolata e l’altra, la Signora Ada gli  cedeva la sigaretta in silenzio, lui faceva qualche tiro senza smettere di mescolare a fuoco lento e gliela ripassava, posandogliela delicatamente fra le labbra, per poi ricominciare a mescolare con vigore.

Seguirono diverse torte, poi arrivò il giorno del suo 42° compleanno, quando lei lo ricevette in piedi, di fianco alla torta. “Non ci hai messo le candeline!” Le disse lui. “Sdraiati sul tavolo, che le candeline te le spengo io una ad una a smorza-candela…” Arrivarono solo a 38.

La gastronomia chiuse i battenti un po’ di tempo dopo, quando la suocera del Signor Ugo telefonò alla figlia, spiegandole la ricetta della torta Pasqualina.

Ispirato ai racconti del Mister

8 risposte a "La Torta Pasqualina"

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  1. Tra sprazzi di “cronaca vera” e “le ore”, è venuto fuori un quadretto casalingo molto piccante. Geniale la descrizione dell’attività del mestolo nella padella… da pubblicare in un bel libro di ricette sollecitando libere interpretazioni di tante signore Ada e di altrettanti signori Ugo. Divertentissimo. Ciao ragazzi. Piero

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