Tre storie e tre protagonisti si intrecciano attorno al medesimo filo conduttore, inseguendosi in un labirinto di specchi.
EP. 1 – Tra sogno e realtà
Vita reale e sogno si confondono e non vi è certezza che si stia vivendo l’una o l’altro, di modo che può capitare a posteriori di chiedersi a quale dei due stati appartenga quello che si è vissuto.
Trovarsi all’interno di un centro commerciale ha poca importanza, come sedersi in un bar e guardare gli altri che passano. Normale; come essere lì perché si ha un appuntamento galante, avendo con sé tre rose rosse appoggiate sul tavolino. E’ anche normale che arrivi una giovane donna dai lunghi capelli ramati e che, mentre i nostri sguardi si riconoscono istintivamente, si sieda con fare gentile allo stesso tavolino: “Ciao, è tanto che aspetti?”. Io la guardo negli occhi, sorrido appena e con voce calma e profonda rispondo: “Tutta la vita.” “Sei sempre il solito, con te non si può mai esser seri” riprende lei e, mentre sta ancora finendo la risposta, si sporge in avanti baciandomi appassionatamente. Poi, notando un mio certo imbarazzo, aggiunge: “Che succede? Sei forse arrabbiato con me?” “No di certo” rispondo con un sorriso “è, che baciarti qui, in mezzo alla folla, dopo così poco tempo… mi mette a disagio; se fossimo soli…” “Ma che dici? È più di un anno che ci conosciamo! Beh, se è così, andiamo dove nessuno ci possa vedere…”
Raggiungiamo in fretta la sua Jeep Renegade, ornata qua e là di pupazzetti di peluche e, mentre saliamo in macchina, lei posa le mie tre rose rosse sul cruscotto: “Sono bellissime, grazie!” e io, che non so cosa dire, annuisco sorridendo. Approfitto del tragitto per sbirciare discretamente ciò che s’intravede sotto la camicetta, approssimativamente allacciata. Per un attimo ho anche la tentazione di allungare una mano verso le sue gambe slanciate, che sporgono dalla gonna di seta rossa, sollevata appena sopra il ginocchio, ma poi mi trattengo. Ripiego sulla sua mano e gliela accarezzo mentre aziona la leva del cambio: lei mi guarda, sorride e a sua volta afferra la mia e la trascina fra le sue gambe. “Ti immaginavo diverso, forse… più alto e con più capelli.” “Anch’io pensavo tu fossi diversa: diciamo… più disinibita…” Lei scoppia a ridere ed io mi compiaccio per l’efficacia della mia battuta. All’albergo, la salita in ascensore, si rivela essere un piccante preludio a quello che seguirà: infatti faccio appena in tempo a chiudere la porta della camera, prima che si spalanchi quella del paradiso; senza neanche togliere gli abiti, facciamo l’amore senza risparmiarci nulla, come solo due amanti, separati da lungo tempo, possono fare. Poi ci ricomponiamo senza perdere tempo, come avessimo un appuntamento e rifacciamo la strada del ritorno in silenzio, per muta intesa, entrambi consapevoli di voler preservare il più a lungo possibile il sapore di quello che abbiamo appena vissuto. In breve siamo di nuovo nel parcheggio dell’ipermercato da cui eravamo partiti: “Quando ci possiamo rivedere?” “Il più presto possibile” mi risponde, “Ci postiamo in rete; sarà prima di quanto tu pensi… a presto amore.” Le do l’ultimo bacio e chiudo lo sportello dell’auto, un attimo prima che riparta a tutto gas.
Salgo anch’io e prima di vederla inghiottita dal traffico, metto in moto e la raggiungo, le sorrido e la supero perdendola di vista; poco dopo, rientro nel centro commerciale, parcheggio e mi affretto a comprare tre rose rosse dal fioraio, che mi scruta con aria dubitativa: “Altre tre?” come se me le avesse già vendute poco prima… evidentemente si sta confondendo perché io le ho prese da un altro. Proseguo verso il bar. Seduta ad un tavolino c’è una donna dai corti capelli bruni, che si guarda attorno con aria ansiosa. Mi avvicino e le sorrido. Lei mi vede, sorridendo a sua volta e dice: “Era ora che arrivassi! E’ già un po’ che ti aspetto, non hai sentito il cellulare?” “Il cellulare? Accidenti, deve essersi scaricata la batteria!”, le rispondo trafelato. “Mi dispiace tantissimo, ma non riuscivo a sganciarmi dall’ufficio, quando hai fretta c’è sempre qualcosa d’imprevisto e ti ritrovi ad essere in ritardo.” Le porgo i fiori e la bacio dolcemente; lei si rasserena, mi butta le braccia al collo e si abbandona al mio bacio: ”Grazie amore mio, grazie per esserti ricordato del nostro anniversario”. Sembra essere davvero felice, la prendo per mano, lei riprende le rose dal tavolino e camminiamo verso i negozi, dove incrociamo un uomo, che potrebbe assomigliarmi e pare cercare qualcuno: si guarda attorno e ha in mano tre rose rosse. Guardandolo penso alla donna di poco prima, al caso, all’essere andato in anticipo all’appuntamento; ricordo quanto è accaduto e all’improvviso non sono più sicuro che questo sia lo stato reale.
L’immagine della folla mi scorre intorno, sfuma e sono di nuovo nella camera dell’alberghetto con la donna dai lunghi capelli ramati e penso ad un appuntamento importante a cui dovrei andare e a tre rose rosse che dovrei comprare. Sento di nuovo le dita della donna accanto a me, che mi stringono la mano: le due realtà si confondono in un pensiero unico, intenso e sofferto, come un orgasmo che tarda ad arrivare. Infine eccolo, disperato e liberatorio, a ricordarmi che l’unico flebile legame tra di esse, è quel profilo virtuale nella rete. In quell’istante ci affacciamo sul parcheggio, mentre ci sorpassa una Jeep Renegade con un passeggero – che potrei essere io – e tre rose rosse sul cruscotto. Seguo quella macchina con lo sguardo, mentre parte a tutto gas; appena in tempo per scorgere chi la guida: una donna dai lunghi capelli ramati.
EP. 2 – Dimensioni parallele
Gli esseri umani sono come universi, governati da leggi discordi, talvolta diametralmente opposte. Dimensioni parallele che non s’incontrano mai, come spesso accade tra uomo e donna: umani, appunto, persi nei loro sogni, all’inseguimento di una realtà che sfugge loro di mano ogni volta…
Intimo elegante e minimale, con autoreggenti color carne. Gonna di seta rossa che lascia immaginare il giusto, camicetta bianca, maliziosamente sbottonata e scarpe col tacco. Sistemo i capelli sulle spalle, mi ammiro nello specchio; ancora una volta mi compiaccio del colore ramato che ho scelto e sono pronta. Ho deciso di partire in anticipo, per avere il tempo di guardare le vetrine di alcuni negozi di calzature, perciò arrivo prima e lascio la mia Jeep Renegade, nuova fiammante, nel parcheggio del centro commerciale. Entro e subito vedo un uomo seduto al bar, ha tre rose rosse sul tavolino; sono sorpresa per la tempestività con cui si è presentato all’appuntamento, ma non c’è dubbio, è Lui, è il mio uomo. Sono indecisa, lo esamino con più attenzione, poi tiro un sospiro, rinuncio a guardare le vetrine e con passo deciso mi dirigo verso di lui: “Ciao, è tanto che aspetti?” dico con gentilezza. “Tutta la vita.” è la pronta risposta. Mi sciolgo al suono della sua voce calda e profonda. Tuttavia sono ancora arsa dal dubbio che possa non essere il mio uomo, così mentre parlo, scrivo d’istinto su un tovagliolino il mio nick; lui lo gira, aggiunge il suo – Pepelion – e me lo restituisce accennando uno sguardo compiaciuto. Accidenti! Per un attimo ho gustato il sapore dell’incontro casuale, della botta e via senza nemmeno conoscersi, invece è proprio lui… ma perché e già qui? “Sei sempre il solito, con te non si può mai esser seri.” riprendo io, recitando fino in fondo la mia parte e sporgendomi in avanti per baciarlo. Lo sento irrigidirsi, ma a me piace condurre il gioco, perciò lo incalzo: “Che succede? Sei forse arrabbiato con me?” “No di certo” risponde con un sorriso “è che baciarti qui, in mezzo alla folla, dopo così poco tempo… mi mette a disagio, se fossimo soli…” “Ma che dici? È più di un anno che ci conosciamo! Beh, se è così, andiamo dove nessuno ci possa vedere…”
Raggiungiamo in fretta la mia auto ornata di pupazzetti sparsi ovunque e, mentre saliamo, poso le tre rose rosse sul cruscotto: “Sono bellissime, grazie!” Lui, senza dire nulla mi seduce con gli occhi e annuisce sorridendo. Durante il tragitto lo osservo meglio: è proprio un bell’uomo. Anche se non vorrebbe farsene accorgere, noto con piacere che sbircia discretamente fra i bottoni della mia camicetta; poi lo vedo esitare mentre mi guarda le gambe. La cosa mi eccita da morire, così faccio in modo che la gonna si sollevi un poco, ma lui ancora non osa e ripiega posando la sua mano sulla mia, mentre aziono la leva del cambio. Sento la sua carezza e lo guardo come per sfidarlo, poi, d’improvviso gli afferro la mano e gliela trascino fra le mie gambe. “Ti immaginavo diverso, forse… più alto e con più capelli” e lui ribatte pronto “Anch’io pensavo tu fossi diversa: diciamo… più disinibita…” facendomi ridere affascinata dalla sua battuta.
All’albergo, durante la salita in ascensore, ha ormai perso ogni inibizione e mi approccia ben deciso a farmi anelare quello che accadrà poco dopo: io non ho più la forza di resistergli e ricambio furiosa ogni sua carezza. Abbiamo appena il tempo di chiudere la porta della camera che, con dolce bramosia, si spalanca per noi quella del paradiso: facciamo l’amore senza neanche toglierci gli abiti e non ci risparmiamo nulla, come solo due amanti, separati da lungo tempo, possono fare. Poi sfiniti ci ricomponiamo senza indugiare oltre, come se tutti e due avessimo un appuntamento importante e rifacciamo la strada del ritorno in silenzio, per muta intesa, entrambi consapevoli di voler preservare il più a lungo possibile il sapore di quello che abbiamo appena vissuto. In breve siamo di nuovo nel parcheggio dell’ipermercato da cui siamo partiti: “Quando ci possiamo rivedere?” “Il più presto possibile” rispondo “Ci postiamo in rete, sarà prima di quanto tu pensi… a presto, amore.” Mi prendo l’ultimo bacio, poi lui chiude lo sportello e io riparto, portandomi via, oltre al suo sapore, il dubbio su chi lui sia realmente.
Mi accorgo che è ancora presto, perciò decido di rientrare nel centro commerciale per guardare le vetrine che non avevo potuto vedere prima, ma appena sono all’interno, la realtà mi appare come in un déjà-vu e io, sorpresa, mi fermo esitante: sono davanti allo stesso bar di prima, vedo una coppia alzarsi e una lei, che potrei essere io, raccogliere dal tavolino tre rose rosse e lui, che potrebbe essere l’uomo che mi ha amata poco prima, prenderla sotto braccio prima di avviarsi verso l’uscita della galleria commerciale. Ho solo un attimo per riprendermi prima che quel dannato déjà-vu torni ad incalzarmi, perché lì attorno vedo aggirarsi un uomo, simile al primo, che si guarda in giro sperso, con in mano tre rose rosse. Scelgo di abbandonarmi al mio istinto e di lasciarmi trascinare da questa ambigua realtà. Lo abbordo col sorriso: “Ciao, è tanto che aspetti?” “No, sono appena arrivato…” risponde lui mentendo mentre mi porge le rose. “Qui è troppo affollato a quest’ora, andiamo in un posto tranquillo…” dico, senza lasciar spazio alla replica. Il mio nuovo uomo si dimostra meno pronto e sfacciato del primo: “Beh, ecco, sì, ma…” Senza permettergli di aggiungere altro lo prendo per mano e lo conduco come un bimbo fino al parcheggio dove ho lasciato il mio fuoristrada. Saliamo e appoggio le rose sul cruscotto: “Sono bellissime, grazie”. Lui sembra rilassarsi un poco, annuendo timidamente e prende a sbirciare fra le pieghe della mia camicetta. Non è possibile! Stento a credere a quello che sta accadendo, perciò decido di dare il colpo di grazia a questa mia personale sfida con la realtà: afferro il notes dal cassetto e ci scrivo sopra il mio nick, lui esita stranito, ma poi fa lo stesso ed aggiunge Pepelion accanto al mio. Sto impazzendo, lo guardo e scuoto la testa, lui mi osserva perplesso. Senza capacitarmene, apro la borsa e freneticamente cerco il tovagliolino: la capovolgo e finalmente lo trovo. Lo rileggo, una, due, tre volte, poi scoppio a ridere istericamente, facendo la figura dell’oca. A quel punto, vorrei dissimulare l’imbarazzo, ma ho scoperto che il destino si prende gioco di noi e la realtà supera la fantasia: noi possiamo solo rincorrerla, senza mai raggiungerla, ritrovandoci sempre dove lei è ormai passata. Forse, l’apparenza è solo il desiderio di appagare il nostro io, che c’inganna e ci fa confondere il labile confine che c’è tra le parole, a causa di una banale assonanza.
EP. 3 – Certezze maschili
All’uomo, non devi fare domande: devi lasciare che creda nelle proprie certezze, sia che tu lo ami, sia che tu lo voglia usare.
Nick: “Non si può ripetere il passato, Jay.”
Jay Gatsby: “Certo che si può!”(dal film “Il grande Gatsby”)
L’uomo scese dalla sua Giulia Quadrifoglio Verde, chiuse lo sportello e fece appena in tempo ad accennare un saluto, che la donna dai capelli ramati al volante sfrecciò via inghiottita dal traffico. Lui la seguì solo per un attimo con lo sguardo, poi s’incamminò a passo deciso verso l’ingresso del centro commerciale. Oltrepassò un negozio di fiori e giunto al bar si sedette al tavolino ordinando un aperitivo da gustare con studiata lentezza. La folla dello shopping serale andava via via diradandosi man mano che l’ora si faceva più tarda. Poi improvvisamente, quasi fosse stato rigurgitato da quel via vai confuso e frettoloso, un uomo se ne separò e con risolutezza andò ad accomodarsi al tavolino del bar che era già occupato dal primo venuto.
“Finalmente, era ora che ti facessi vivo.” “Ho fatto prima che potevo, sai bene che oggi è l’anniversario mio e di mia moglie. Fortuna che era di turno al presidio, altrimenti saltava tutto.” “Allora? Com’è andata? Raccontami tutto.” In quel momento arrivò il cameriere. Il nuovo arrivato ordinò un bicchiere di Berlucchi e dei salatini. “Dunque?” “Ho vinto la scommessa.” “Non ci credo!” “Mi devi una cena e la tua auto in prestito per una settimana.” “Hai trombato?” “Sei un porco.” “Mai come te.” Presero a ridere entrambi. “Devi darmi delle prove convincenti altrimenti non pago la scommessa.” “Dovevi vedere la sua faccia quando ha capito l’equivoco! E’ scoppiata a ridere come un’isterica e sembrava non volesse fermarsi. A quel punto pensavo cambiasse idea e invece è andato tutto liscio. Però devo dire che scrivere male il tuo nick name sul tovagliolo è stato un colpo di genio. Se uno non guarda con attenzione sembra proprio uguale al mio: un azzardo, ma ha funzionato.” Scoppiarono di nuovo a ridere. “E poi che è successo?” “Penso più o meno quello che è capitato a te: quando si è calmata, le ho chiesto cosa fosse capitato e lei, come se niente fosse, mi ha fissato negli occhi, mi ha preso una mano e se l’è messa là, proprio in mezzo alle cosce! Il resto lo puoi ben immaginare, sembrava una ninfomane…” “Può essere, dove siete andati?” “In un albergo a due passi da qui, mi pare si chiami “L’incontro”. “Tombola! Hai vinto: è lo stesso dove sono stato io.” “Allora è proprio ninfomane, speriamo abbiano almeno cambiato le lenzuola…” “Tranquillo io mi lavo, il maiale sei tu…” “Senti chi parla, quello che va con la donna di un altro…” “Che dici? Anche tu non c’eri mai stato.” “Che c’entra? Dovevo andarci per primo, l’ho conosciuta io in rete! La prossima volta la fai tu la parte dello scemo.” “E va bene, però se ci riesco stavolta mi paghi la cena per una settimana da “Pinocchio.” “Andata! Facciamo un brindisi alla nuova impresa, salute!”
Fecero tintinnare i calici, scintillanti di dorate bollicine fresche e li sorseggiarono compiaciuti, quando improvvisamente, mentre stavano ancora assaporando il gusto del Berlucchi – come fossero piovute dal cielo – sul tavolino apparvero sei rose rosse. Non fecero in tempo a riprendersi dallo stupore che una donna si sedette a occupare l’ultima sedia vuota al loro tavolino. Portava una camicetta bianca sopra una gonna di seta rossa e aveva lunghi capelli ramati. “Che piacere rivedervi miei cari, non offrireste da bere a una signora assetata?” “Ma, ma tu… ma noi…” Balbettarono in stereofonia i due, che in quel momento avrebbero voluto essere da qualunque altra parte tranne che in quel posto. “Non disturbatevi, faccio da sola: cameriere, per favore mi porti un altro bicchiere ed anche una bottiglia di Berlucchi, offrono i signori.” Sorrise al loro indirizzo mentre strizzava l’occhio al giovane cameriere. “Siete stati davvero bravi, a letto intendo dire. Vi rivedrò volentieri in televisione…” “Te… Te… Televisione!?” Uno dei due riuscì a stento a pronunciare quell’unica parola mentre l’altro rimaneva impietrito. “Ah, sì, riprendo sempre la scena quando faccio l’amore. Mi piace mandare le parti più belle agli amici in rete: mi eccita da morire che mi guardino.” “Non… non dirai mica sul serio?” Sussurrò la statua di cera che muoveva solo le labbra. “Ma certo che dico sul serio, perché vi avrei portati entrambe in quell’albergo e nella stessa stanza, se no? E’ stato bellissimo, voglio rifarlo un’altra volta, però con tutti e due insieme… A me piace comandare i giochi; vedrete, vi piacerà.” “No, no, questo no! Fecero all’unisono.” “Perché no? I miei amici lo apprezzeranno moltissimo.” “Veramente noi…” “Lo so, lo so… siete sposati… Volete che glielo dica io?” “No per carità, è che noi avremmo un certo imbarazzo…” “Figuriamoci, ormai siamo amici intimi e sono certa che d’ora in avanti farete tutto quello che dirò io: benvenuti all’inferno, miei cari schiavi, Papillon & Pepelion!”
By Papillon & Pepelion
bello. non a caso “realtà” è invariabile singolare-plurale: resta sempre se stessa sia che sia una (la realtà) sia che siano dieci (dieci realtà). forse per questo non siamo in grado di distinguere una dall’altra. per contro ognuno di noi è un se stesso in divenire (ovvero cambia continuamente). internet con annessi social *network* aggiungono indubbiamente un ulteriore livello di complessità capace di mandare in crisi d’identità i nostri *network* cerebrali. ecco, ormai siamo entrati in a fase ulteriore, dove il sistema si è scollato completamente dalla realtà, diventando autoreferenziale e autorigenerante. è una trasformazione strutturale di ordine neurologico perché va a finire che il sistema nervoso percepisce direttamente solo quello che vuole percepire, col vantaggio che nessuno sa più né di mentire né di vivere fuori dalla realtà. e questo il tuo ottimo racconto lo fotografa con invidiabile maestria narrativa.
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Vita reale… sembra virtuale… che le parole le confondi anche così!
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Un racconto onirico, ben scritto come sempre.
Chissà perché la Jeep, mi chiedo…
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Pubblicità gratuita… perché la faccio io… non proprio, non direttamente, ma lavoro per l’azienda che la produce.
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questo è un bellissimo soggetto per una pièce teatrale,
very nice
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Grazie… caspita.
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Complimenti è veramente molto molto bello. Sono stata risucchiata dal racconto. 😉
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A breve ci sarà il seguito… hi, hi, hi…
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Non vedo l’ora!😉
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Ho un award per te!
http://marisacossu.wordpress.com
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Fatto, conun po’ di confusione ma fatto. Grazie ciao
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ohhhhh e avevi ragione! ci sono caduta dentro…
porca miseria a questo finele non ci sarei mai arrivata… ne ho immaginati man mano che leggevo… troppo bello! bravissimoùùùùùùùù!
eh le realtà e le fantasie e il virtuale che si intrecciano… anche molto attuale!
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Eh, eh, eh… visti i tuoi complimenti (graditissimi) e i riferimenti al virtuale, vale la pena che quando hai un momento (non ti voglio tediare) dai un occhiata anche a questo https://papillon1961.wordpress.com/2015/09/01/le-pene-di-theo/ che però è di genere diverso. Ti aspetto.
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Mado è.bellissimo… mi sono.commossa oh… l’amicizia.per.me è fondamentale… e anche le.cose che accadono e poi finiscono o rimangono…. e la frase finale.è.stupenda…
Ho.cliccato sui link… ma non me li da… forse devo provar da.pc…
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Il commento che ti ho appena fatto è relativo alle pene di theo eh!
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Due tuoi pezzi mi bastano per decidere di restare e continuare a leggerti. Scrivi bene. ^_^
Ben trovato, Papillon
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Grazie e ben trovata anche a te. Urca, “scrivi bene” per un blogger naif come me è una definizione forte. Scrivo di tutto un po’, tra serio e faceto. Bene, alla prossima.
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