Già, dove ci sta portando l’automazione? Lavoro dove si fabbricano le automobili e lì mi occupo di controllo dell’automazione; ciò a cui io sto personalmente assistendo oggi è proprio la via che, come società, abbiamo intrapreso. In questo momento particolare, siamo più che altro in una fase di transizione, ma ci sono degli elementi trainanti della trasformazione in atto, che sono le filosofie di organizzazione aziendale e del lavoro: WCM da un lato e il progetto Industria 4.0 dall’altro. Compito del team di cui faccio parte è tradurre queste belle parole, usate dai managers e dai politicians, in soluzioni tecniche concrete applicabili nelle linee di produzione e sulle macchine. In funzione di questo, l’investimento attuale al mio livello, in termini di denaro e risorse, è concentrato sulla raccolta dati (di ogni genere) rilevati e prodotti dalle macchine, per analisi che saranno fatte a livello superiore, allo scopo di consentire di fare scelte e prendere decisioni. A livello officina, nel contempo, sono in via di sparizione i lavori gravosi e ripetitivi e sta essendo automatizzata completamente anche la logistica interna dei materiali provenienti dall’esterno. Per contro, deve essere sempre più qualificata la mansione umana di controllo, supportata dalla diagnostica dei sistemi: la “macchina” si sta quindi trasformando in una “macchina che parla”, mentre per i robot collaborativi ci vorrà ancora un po’ di tempo, ma anche per loro la strada è già spianata. Quindi per un bel po’ di anni non si potrà certo rinunciare a operatori e controllori, per altro – come ho detto – sempre più qualificati.
Di pari passo, la manutenzione delle macchine sta migliorando in termini organizzazione, grazie a buona parte delle energie spese in fase di progettazione meccanica e del controllo delle macchine, nonché per implementare l’informatizzazione di dati e parametri macchina; dove questi ultimi saranno utilizzati per fare analisi economiche e per pianificare le attività manutentive, con l’obiettivo di azzerare le cause di fermo delle linee di produzione per causa della perdita delle condizioni iniziali di una macchina e prevenendo anche quelli dovuti all’usura. In questo settore sono in fase di diffusione tecnologie come la realtà virtuale e la realtà aumentata, per accedere alle istruzioni operative via web da palmari e visori. Il tutto, per chiudere in modo sommario, fornisce al sistema gestionale i dati necessari ad automatizzare il calcolo dei costi di esercizio delle linee, l’approvvigionamento dei materiali presi all’esterno, la pianificazione degli interventi manutentivi e l’approvvigionamento delle parti ricambio.
La perdita di posti di lavoro, nell’arco di qualche decennio è sicuramente un problema serio, ma non sottovaluterei nemmeno il raggiungimento del “limite” della de-responsabilizzazione dell’individuo, la cui conseguenza non è quella di sostituire l’essere umano con degli automi, ma fare diventare esso stesso un automa. Non dimentichiamo che il lavoro, a volte anche se manuale e faticoso, ha dei connotati di creatività e gratificazione, di stimolo all’innovazione e al miglioramento, che sono stati il motore dell’evoluzione umana. Inoltre, gli esseri umani non sono tutti così, anzi, nella maggior parte dei casi sono pigri e poco inclini alla cultura e all’informazione, allo studio e all’approfondimento per diventare “migliori”. Sono persone che spesso non sanno neppure fare tesoro dell’esperienza e continueranno per tutta la vita a commettere gli stessi sbagli senza ampliare la loro visione della vita. In un tale scenario non è difficile immaginare nuove masse di emarginati, ma – a questo punto – non chiedetemi quale sarà la soluzione. Si accettano suggestioni.
In effetti le probabilità che il futuro non sarà roseo, anche se questa spinta tecnologica è nata proprio per questo, credo non siano poche.
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Non ero a conoscenza di questi risvolti che la tecnologia applicata alle auto può portare, anche se me lo immaginavo visto che ogni uso che facciamo di essa, cellulari, pc, ecc., è al servizio di una macchina più grande ad uso e consumo di chi è interessato ad assoggettarci per fini essenzialmente economici e, a detta loro, di “ordine sociale”. Proprio qualche giorno fa ho scritto su questo tema che ti lascio come suggestione https://fattidarte.wordpress.com/2017/02/05/il-futuro-che-e-gia-tra-noi/
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Letto e concordo. Ho scritto il post dopo aver letto diversi articoli sull’argomento. Bisogna parlarne e bisogna offrire ai giovani delle alternative alla tecnologia. Non dico che bisogna frenare il progresso, dico che non bisogna cancellare la manualità e la discrezionalità degli individui, anche e soprattutto quelli più semplici.
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Beh, insomma…”prendiscatola-riempiscatola-chiudiscatola” ripetuto all’infinito, è tutto tranne che creativo e gratificante…
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Ci vorrebbe una rivoluzione culturale che porti le persone di nuovo a lavorare la terra, allevare gli animali, fare gli artigiani. Un mondo fatto di sola tecnologia non sta in piedi.
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Se tutti facessimo così, rischieremmo di diventare troppo indipendenti dalla globalizzazione, quindi credo proprio che non succederà mai, almeno su larga scala.
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Le masse non pensanti si controllano e si manipolano più facilmente degli individui che ragionano con la propria testa e si pongono delle domande.
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Volentio nolenti, in ogni ambito lavorativo si renderanno obbligatorie conoscenze tecniche/tecnologiche sempre maggiori. In certi ambienti la macchina potrà soppiantare la persona, e ci sarà bisogno di ‘inventare’ nuovi tipi di occupazioni, specialmente nel settore sei servizi.
A chi ha ‘poca voglia’ rimarranno solo le mansioni meno invitanti o, altrimenti, il pericolo emarginazione sociale è ben più di una ipotesi.
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ciao carissimo, è solo una questione di “cambio di rotta”, qui a Torino la Fiat, negli anni ’70, occupava (tra diretti e indotto) 300.000 persone, oggi (da anni) non c’è più e Torino, finalmente, è tornata ad essere la monumentale città della cultura, è cresciuto tantissimo il turismo e il tasso di disoccupazione è in linea con quello nazionale. Ciò significa che si può tranquillamente sopravvivere senza cordoni ombelicali industriali, non solo, spesso questo percorso forzato si rivela essere positivo, mooooolto positivo.
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Non fosse stato così io sarei rimasto a casa e qui avremmo davvero chiuso tutto, invece per fortuna che hanno spostato la sede e che hanno preso Chrysler. Senza contare che il lavoro si è fatto più interessante. Ah, di soldi in più non se ne parla nemmeno…
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scusami ma non ho capito, forse non ricordo, dove lavori
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Io lavoro nel settore dell’industria nucleare, legato alla sicurezza delle centrali, mi occupo di ricerca e sviluppo e in particolare di robotica ed automazione e questo articolo mi ha fatto molto piacere, domani mi prometto di tornarci su perchè ora sono troppo stanco… voglio solo lasciare qui un osservazione relativa ai posti di lavoro che l’automazione dovrebbe/potrebbe togliere…. va considerato che i posti di lavoro che l’automazione toglie alla produzione umana in buona parte può restituire nelle aziende di prodotto/servizi che l’automazione necessità… voglio dire che quello che anni fa era il lavoro di un operaio in catena di montaggio oggi è diventato il lavoro di un programmatore di firmware, software o di un tecnico di controllo in una produzione di strumenti di tecnologia.
E’ probabilmente vero che questo “status” porta ad aumentare la distanza tra scale sociali verso la possibile “emarginazione” ma è altrettanto vero che questo stesso “status” porta ad aumentare le competenze di base necessarie per entrare nel mondo del lavoro. Si sta parlando ovviamente sempre di teoria… io credo che la differenza la faccia sempre l’individualità di ogni persona… oggi una persona volenterosa e curiosa ha più possibilità di accrescere autonomamente la propria cultura ma probabilmente meno di veder riconosciuto questo accrescimento dai parametri che regolano l’industria e l’economia..
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Il tuo finale mette il dito nella piaga del tema retribuzioni. Io mi arrabbio come una bestia vedendo il tenore di vita dei miei pari colleghi tedeschi e americani!
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non commento non perchè non meriti ma perchè sono tornato un paio di giorni fa dalla germania, accrescerei soltanto il tuo livello di fastidio..
invece molto interessante parlare di “de responsabilizzazione”… è una delle cose che mi fa più paura in assoluto, da noi è dilagante e dirompente e i manager finiscono per esser retribuiti per delle responsabilità di cui non rispondono mai, ma non solo, sono proprio dalle dinamiche interne dell’azienda tutelati nel non doverlo fare… assurdo…
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I manager che non decidono sono un altro male e rigurdano le malate dinamiche che governano le nostre aziende. Comunque condivido.
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e ce ne sono anche di peggiori, quelli che hanno un arroganza tale da pensare di poter decidere totalmente a caso…
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sempre belle notizie, eh?!
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lavori alla Fiat???
dove??? se non sono indiscreto
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te lo dico in privato papillon_1961@hotmail.it
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ok, azz… ho risposto all’altro commento prima di leggere questo… ok, va bene
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no problem
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quando e se vorrai parlarmene scrivimi tu,
tads@Outlook.it
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Ho scritto
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outlook con la minuscola 😉
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ok
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Ma se la produzione aumenta, i prezzi non diminuiscono, la gente non lavora… x chi sono i prodotti che vengono fuori da tutta questa automazione?
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Tutti i prodotti di largo consumo, senza distinzione vengono prodotti così. Quindi per noi tutti.
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non li comprerà più nessuno… La produzione dovrebbe essere limitata ad un potenziale pubblico di acquirenti, non aumentare a dismisura. Speriamo che tutta questa automazione venga diretta verso cose più utili
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Dovremmo diventare tutti Amish… io la vedo al contrario bisogna riscoprire la manualità, l’artigianato, la cultura, tutte quelle cose che necessitano delle mai e della creatività. Dovremmo imparare a riconoscere e privilegiare la qualità e la provenienza di quello che consumiamo.
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mamma mia che scenario inquetante….
Ciao Teoooo!
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Speriamo che si trovino delle soluzioni, per i nostri figli, soprattutto…
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il lavoro creativo sarà la frontiera del futuro….mi permetterò nei prossimi giorni di mandarvi un articolo ciao Roberto di bluesdiperiferia.wordpress.com
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