Partita con la morte

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La cronaca delle ultime settimane, forse più che in altri periodi, ha avuto come protagonista la morte. Una morte cinica e subdola, che ride mentre si fa gioco di noi. Fatti di cronaca che hanno fatto discutere e schierare l’opinione pubblica, alimentando la paura di essere falciati, ma anche la vigliaccheria di chi tira un sospiro di sollievo per essere stato dispensato da quella fine.

A Vasto, un ragazzo investe una donna in motorino passando col rosso. La città è piccola e gradevole, troppo piccola ed animata dallo struscio che rende troppo facile incontrarsi. Il marito della vittima sente distrutta la propria vita senza l’amata compagna e non sopporta che il ragazzo che l’ha investita continui la propria vita normalmente, come se nulla fosse successo, come se la morte della moglie non avesse avuto alcun valore. Una legge troppo lasca rende perfino troppo ghiotta l’occasione di armare la mano dell’uomo da parte del triste mietitore: per il ragazzo non c’è nulla da fare, è morto.

Una mamma, lascia la propria bimba di sette anni con un compagno per accudirla: lui la stupra ripetutamente. Dopo la condanna, causa il meccanismo dei ricorsi, complice una giustizia inefficace e poco attenta, passano vent’anni e il reato cade in prescrizione. Ecco, questo è un caso nel quale, se io fossi stato il padre della bimba, lo scheletro con la falce non avrebbe dovuto penare: lo stupratore probabilmente quei vent’anni non li avrebbe mai trascorsi da vivo, perché l’ammazzavo io e la prescrizione gli sarebbe arrivata mentre lui era già al cimitero. Invece la morte non è per i lieto fine scontati, ama sorprenderci e per farlo usa le nostre stesse mani per beffarci e farci del male. In questo caso quelle della procura di Torino.

Una madre disperata denuncia il figlio per detenzione di hashish, pensando che metterlo di fronte alle proprie responsabilità fosse la cosa migliore. E aveva ragione, io sono con lei. Chiaramente se avesse immaginato l’epilogo non lo avrebbe mai fatto e nemmeno io, forse. Lo chiamo destino. Una persona normale, che non si droga non può comprendere e non è tenuta a farlo, quello che passa nella testa delle persone che fanno uso di sostanze dannose come la droga. Vi piaccia o no la vita è selettiva, bravo è chi riesce almeno a barcamenarsi, altrimenti lei – la morte – impietosa, vi porterà via come succulenti e troppo facili bocconcini.

Ci sono poi, certi casi di omicidio tra coppie, dove la morte si diverte davvero a prenderci in giro, lasciando che i giornali gridino alla follia omicida mentre invece si tratta di debolezza caratteriale ed incapacità di sopportare oltre. Ciò accade quando un partner vessa psicologicamente la compagna ed il compagno fino ad arrivare a toccare le sue molle più recondite e violente. Credo che questa sia una delle situazioni che maggiormente divertono lo scheletro dal manto nero, perché servendosi di una “apparente” vittima, alla fine se ne andrà con due anime, perché anche l’assassino, dopo essersi eretto a giustiziere, si ammazza pure lui. Le cronache liquideranno il caso catalogandolo come l’ennesimo caso di femminicidio o come raptus di follia; il tutto mentre il manto nero col cappuccio si muoverà scosso dalle risate.

Dee Jay Fabo, invece, la morte ha voluto darsela da solo. Chi, più di uno come lui, poteva incarnare la spensieratezza e la gioia di vivere della gioventù. Uno stile di vita attraverso il quale passano quasi tutti i giovani in una certa fase, mentre lui come un moderno Peter Pan ne aveva fatto un lavoro ed una passione. Ma sono queste le partite che la nera giocatrice di scacchi predilige, quelle dove la vittima cerca di resisterle.  Perché la morte ama il gioco: macabro, ovviamente; ma Fabo l’ha fottuta e le ha tolto il divertimento, nonostante ci sia stato chi ha parteggiato per Lei e avrebbe voluto perpetrare la sofferenza della vittima predestinata. Invece, nessuno, tranne lui ha diritto di parola su tale gesto  e la sua decisione deve essere accettata.

9 risposte a "Partita con la morte"

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  1. Ci sono scelte che sembrano di morte e sono gridi d’amore per la vita, dove vita va inteso qui come vita libera. Parlo dell’ultima, naturalmente. Le altre, purtroppo, per come la vedo io sono scelte di morte e basta. La morte credo non sarebbe un male in sé, ma prima bisogna vivere, e vivere con l’anima. E’ quanto di più vicino alla felicità riesco a concepire, e se ci si riesce quella vita lì nessuno può portartela via.

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  2. Di fronte a casi così disperati, è sempre difficile dire cosa faremmo noi se…
    Certamente, posso dirlo, se succedesse qualcosa a mio figlio o a mia moglie io andrei fuori di testa e farei qualsiasi cosa. La galera non mi farebbe paura, tanto la mia vita sarebbe comunque senza senso.

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  3. caro Papillon… argomento spinoso difficile da affrontare, gli approcci col concetto di morte sono molteplici e spesso contrastanti, forse sarebbe opportuno uscire da certi schemi emotivi e razionalizzare. La vita non è nostra, veniamo al mondo senza chiederlo e ce ne andiamo, quasi sempre, senza volerlo, è un passaggio che ci viene affidato in gestione ma solo in teoria perché spesso si muore, incolpevoli, per mano altrui. Certo in uno Stato incapace di garantire giustizia germoglia il desiderio di vendetta, di pancia mi verrebbe da dire che dovesse mai succedere qualcosa di simile a uno dei miei figli, preferirei marcire in galera piuttosto che piangere su una tomba il resto dei miei giorni, magari sapendo che il suo assassino se la spassa al bar. Su DJ Fabo credo ci sia poco da dire, la religione e una discutibile etica si arrogano il diritto di imporre una sofferenza senza scampo, è solo un esercizio di potere indottrinante.

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    1. La vita è un conto alla rovescia che possiamo al limite ritardare se ci comportiamo bene e stiamo attenti, ma mai più di quanto sta già scritto da qualche parte. Che poi, quando la accorciamo, stava già scritto che l’avremmo fatto. O no…

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      1. punti di vista caro amico, io son un ateo convinto, non credo nel destino e nemmeno nell’esistenza dell’anima, per non parlare dello “spirito”. Dubito esista una sorta di centrale in cui si delineino le nostre sorti. Gli “umani” sono solo mammiferi che nel loro percorso evolutivo hanno sviluppato una minima forma di intelligenza negativa

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