La storia di Stimolone

Alla rubrica “La sessuologa risponde” della rivista Uomo Oggi.

“Gentilissima Dottoressa,

le scrivo di mio pugno perché aborro la freddezza della tecnologia. Ho 42 anni, vivo con la mia mamma ed ho un problema: la società mi emargina. Sono costretto a vivere applicandomi barba e baffi finti, indosso sempre un impermeabile, occhiali da sole e un cappello per non farmi riconoscere. Sin dall’adolescenza, gli amichetti mi canzonavano apostrofandomi con uno strano nomignolo: “Stimolone”. Non ho mai capito quale fosse il motivo di quel vile atto di bullismo. Al liceo le cose peggiorarono ulteriormente ed a canzonarmi cominciarono pure le compagne di classe. Quando iniziai a lavorare anche le colleghe furono impietose. Mi sfottevano, tra l’altro, anche per una mia passione innocente, ma un po’ particolare. Quando una volta riuscii a portare una di loro a casa, appena entrati nella mia cameretta – avevo 35 anni – le mostrai la mia collezione di bambole gonfiabili e lei – inspiegabilmente – scappò a gambe levate. E pensare, che io sono un ragazzo educato e per bene, solo un po’ timido nell’approccio, ma son certo, che – come dice la mia mamma -sarei sicuramente un ottimo partito. Lei dice anche che non mi meritano perché sono tutte delle gran p…resuntuose e di non preoccuparmi, ché per me ci sarà sempre lei.

Una altra volta, poi, con la mia mamma, andammo in vacanza sulla riviera romagnola ed un giorno io decisi di andare a comprare una bambola gonfiabile uguale a quella che Valentino Rossi portava in moto quando vinceva, per arricchire la mia collezione. Entrai quindi in un negozio che vendeva salvagenti, materassini, canotti gonfiabili ed articoli da spiaggia in genere, per chiedere se, siccome trattavano oggetti insufflati, avessero anche la bambola col Numero 43 di The Doctor. Ad un certo punto entrò una ragazza bellissima in bikini, a causa della quale mi si gonfiò esageratamente la patta e non seppi resistere all’impulso di mostrare il mio apprezzamento (come da selfie allegato), in tutta la sua maestosità ed estensione, per farle capire che mi piaceva; così, sebbena fosse estate, aprii l’impermeabile che indossavo, causa la discriminazione cui ero da sempre sottoposto. A quel punto, il titolare  del negozio – non so come – mi riconobbe, e, attirando l’attenzione del commesso, cui mi ero rivolto per l’articolo, gli gridò terrorizzato: “Ma… ma, quello… quello è Stimolone… presto ragazzo, apri l’ombrellone!” Forse mi denunciò perché gli avevo imbrattato tutto il negozio.

Ecco questa è la mia triste storia e spero tanto che lei mi possa aiutare a superare questo problema, per non essere più canzonato e poter trovare la mia anima gemella. Personalmente ne sono sicuro, perché il suo è un prestigioso studio e lei, dalla foto e non solo, pare così dolce e… carina che… oh, mi trema un po’ la mano e mi scuso per la scrittura incerta… ohoo… ohoo… accidenti devo finire in fretta, la mamma mi chiama per la cena; spero di avere presto la vo-stra-ris-po-staaaaa… – “Stimolone, a tavola!” – vengooo mamma! Un po’ di pazienza!

Servilmente suo, Stimolone”

7 risposte a "La storia di Stimolone"

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