La macchinetta del caffè è un teatro dove si rappresenta la varia umanità, un po’ come la naia obbligatoria (per chi se la ricorda); un luogo, la macchinetta, dove vanno in scena le nostre miserie e i nostri drammi, dove accadono le cose più strane. Per esempio, dovete sapere, che al fianco della macchinetta del caffè c’è anche un distributore di merendine, panini, succhi e così via. Come molti di voi sanno, le confezioni vengono erogate a fronte dell’inserimento di una chiavetta ricaricabile e la selezione del numero corrispondente a ciò che si vuole prendere.
Meccanicamente le confezioni sono inserite una dietro l’altra, tra un anello e l’altro di una spirale che dopo la selezione inizia a girare, portando in avanti l’agognato pacchettino, fino a farlo cadere nel vuoto. Un sensore nel cassetto in basso, rileva l’avvenuta erogazione nel momento dell’impatto e fa scalare – solo a quel punto – l’importo economico, dell’avvenuta consegna della merce, dalla chiavetta. Siccome, la società che ha in gestione le macchinette – come d’abitudine di questi tempi – lesina sul personale che esegue la manutenzione e la ricarica, tali operazioni vengono eseguite sempre di fretta e, non di rado, le merendine sono posizionate senza fare attenzione e si inceppano, senza cadere nel cassetto. In tale caso, i più ingenui – ahi loro – avranno già ritratto la chiavetta e quindi perderanno i soldi, perché non gli viene riaccreditato l’importo della selezione fallita, in quanto, trascorso un certo tempo, la macchina deduce da sola, che nulla è caduto. Invece lui no: l’Arsenio Lupin del distributore automatico – un impiegato medio ed insignificante, come l’Uomo Ragno quando è in borghese – ha fatto di questo problema un opportunità. Egli si aggira nei pressi delle macchinette, quando ci sono meno persone, al di fuori delle pause convenzionali, un po’ come facevano i barboni all’epoca dei telefoni a gettone delle vecchie cabine telefoniche, e si ferma davanti alla macchinetta, studiando meticolosamente la posizione di ogni singolo prodotto. Generalmente non si accontenta di far cadere quelli rimasti in bilico, ma – come un giocatore d’azzardo delle slot machine – cerca di farle cadere con un altra selezione, che scontrandosi con quella in bilico la trascini giù. Una volta, l’ho visto coi miei occhi, è riuscito perfino a farne scendere tre con un sol colpo. L’altro giorno, l’ho di nuovo incontrato mentre andavo a prendere una bottiglietta d’acqua. Era fermo, immobile, come Cristiano Ronaldo quando sta per battere le punizioni e studiava la disposizione dei prodotti, uno ad uno, con la stessa freddezza di un giocatore di biliardo mentre fissa il tavolo verde. Ed infatti, accortosi della mia presenza, dichiarò il punto: “Biglia 10 in buca d’angolo!”. No, scherzo, in realtà ha detto: “Premo la 35, che si blocca, e poi chiamo la 25”. Avrei sfidato chiunque a capire che la 35 non sarebbe scesa ed invece lui infilò serafico la sua chiavetta e accompagnò con lo sguardo la rotazione della spirale. Un leggero sorriso si abbozzò a lato della sua bocca: le arachidi tostate s’inclinarono leggermente rimanendo pinzate, appena-appena, per il bordo. Incredibile. Solo a quel punto, certo che il pacchetto non sarebbe sceso e vistosi riaccreditato l’importo, estrasse e reintrodusse con calma olimpica la chiavetta, quasi stesse armando la stecca per mandare la fatidica 10 in buca d’angolo. Curò la postura poggiando i palmi aperti delle mani sugli angoli estremi superiori della macchina, con i piedi ben piantati a terra e ne staccò una per un attimo quasi impercettibile, per digitare il 25. Frazioni di secondo: spinta verso l’alto mentre la spirale ruotava e richiamo a se della macchina, verso il basso, per accompagnare con una frustata la caduta dei crostini gusto mediterraneo olio e rosmarino. Si sentì un gran botto. Certo: il gesto non aveva la stessa eleganza della spinta pelvica di Fonzie al flipper di Arnold’s, ma ne aveva certamente tutta l’efficacia.
Le due confezioni erano lì nel cassetto ed io a quel punto non seppi trattenere il mio commento di ammirazione: “Grande!” Dissi con enfasi, leggendo nei suoi occhi, non tanto l’ingordigia o la golosità, ma il gusto e la soddisfazione nel sapere di avere compiuto un colpo da maestro. Estrasse le due confezioni, levandole al cielo come se stesse alzando il trofeo appena conquistato davanti alla standing ovation dello stadio e, dopo aver raccolto il suo immaginario tributo dalla folla, mi cedette il pacchetto di arachidi tostate andandosene appagato. A lui bastava così.
In azienda siamo in più di 100, credo di essere l’unico a non avere la chiavetta.
Tuttavia ogni tanto mi fermo a fare compagnia senza prendere nulla, ma di artisti della chiavetta come il tuo collega non ne ho mai visti. Anzi, il più delle volte si sentono imprecazioni perché il caffè scende ma… manca il bicchiere!
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Da noi il caffè fa cosi schifo che in ufficio abbiam preso una macchinetta in comodato d’uso per fare un espresso decente… ma capita di fare compagnia.
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Ah, ah, grandissimo! Camilleri potrebbe usarlo per qualche scena del suo Montalbano (anch’io sono un fan di Camilleri e Montalbano… letto tutti i libri, in famiglia aspettiamo con ansia i nuovi episodi tv e naturalmente tutte le repliche…)
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Un professionista della macchinetta. 😀
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Mi piace 😊
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in qualcosa bisogna pur primeggiare 😀
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Se anche da voi i gestori della macchinetta non rimborsano le monete o i crediti persi non resta che fare come il tuo collega, in fondo si riappropria di ciò che forse in passato ha perso.
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