I muri

Un muro può essere fatto di mattoni, cemento e altri materiali, oppure di barriere culturali o sociali, ma anche – passatemi il “cacofonismo” – caratteriali o di genere. Tra tutti questi muri, uno dei più conosciuti è certamente quello di Berlino, che nello specifico era di cemento armato ed ha rappresentato la contrapposizione tra occidente e comunismo. Purtroppo, successivamente, in altre parti del mondo, ne sono stati costruiti altri, allo scopo di giustificare o alimentare nuove divisioni.

Le immagini dell’epoca (correva il 13 agosto 1961), della sua costruzione e delle persone che cercavano di oltrepassarlo prima della sua chiusura, mostravano lo strazio della separazione delle famiglie e delle persone, così come della privazione della libertà di muoversi nell’Europa appena risanata dalle dittature, con l’angoscia di non poter più rivedere amici e persone care o, semplicemente, di “conoscere”.

La libera circolazione tra gli stati europei: un bene – un ideale si sarebbe detto un tempo – per il quale il popolo e la gente comune hanno pagato, nel corso del secolo scorso, un alto prezzo di sangue. Lo dico ben sapendo, che non sono mai stati gli ideali a muovere questo tipo di processi, bensì gli interessi economici e politici, mentre gli ideali avevano lo scopo di trascinare la gente in piazza o in guerra.

Oggi la libertà è minata da quel fenomeno che sembrava doverla consacrare agli onori del mondo: la globalizzazione. Sì, perché mettendo in comunicazione mondi diversi ha causato un corto circuito storico, il quale, secondo il principio dei vasi comunicanti, non ha adeguato il livello del “liquido” (nel nostro caso la cultura, la democrazia, il benessere e la libertà) a quello del recipiente più pieno, ma ne ha fatto una media. E’ questo ciò che è accaduto. Naturale perciò, che qualsiasi comunità cerchi di difendere quanto acquisito in precedenza (soprattutto se era di più), erigendo a tal fine qualsiasi altro tipo di muro si renda necessario. Già, ma tutto questo fa il gioco dell’opportunismo politico a caccia di consenso.

Quanti muri. Facile pensare a quelli culturali, che sono evidenti e quotidiani e si misurano su differenti livelli di esuberanza, diffidenza, credenze, civismo e valori. Difficile – forse utopistico – venire fuori da tali antagonismi o immaginarne la condivisione nel rispetto di tutti. Io, causa la natura umana, non lo ritengo possibile.

Meno facile è prendere in considerazione i muri “caratteriali”, i quali riguardano i mutamenti interni alla nostra società (occidentale) e ne minano la solidità, laddove sistemi più arcaici, con gerarchie rigide – come quelli di altre parti del mondo – ne fortificano la radicalizzazione e l’espansione anche da noi, senza che nessuno ci chieda se questo ci piace. In pratica un contro-colonialismo.

A tutto questo concorrono pure i muri tra i generi, dal momento che sono stati sdoganati modelli nuovi, la cui affermazione contribuisce, non come unica causa, al calo della natalità e quindi allo squilibrio numerico delle “forze” in campo. Con questa nuova situazione è, quindi, difficile trovare una posizione di equilibrio: bisogna rimettere in discussione le proprie certezze, fare una scelta e ricollocarsi, scoprendosi magari al fianco di chi un tempo si contrapponeva alle nostre idee.

Multi-etnicità, multi-culturalità, multi-genere, sono delle condizioni e non dei valori. Nella radice “multi”, che accomuna queste categorie, in realtà tende spesso a mancare il rispetto di quanto le ha storicamente precedute per giungere a generarle, differenti da gruppo sociale a gruppo sociale. Se non si ascolteranno e non si prenderanno sul serio le preoccupazioni della gente comune a tale proposito, non si farà altro che alimentare quei fenomeni – identificati da quei pretestuosi neologismi – che sono il “sovranismo” e il “populismo”. Ci vanno risposte, segnali, fatti. Non è la prima volta, nella storia, che la politica commette questo errore, spacciando la propria miopia per azione “politicamente corretta”. Sappiamo come, poi, è andata a finire: con dittature ed olocausti.

Tutto questo, tuttavia, non è nulla rispetto alle migrazioni per sete e per fame, che saranno causate dai mutamenti climatici. Problema, rispetto al quale i muri delle contrapposizioni ideologiche o culturali diventeranno questioni piccole-piccole. Ma i termini del problema non cambieranno, anzi si dovrà accelerare per prevenirlo, pensando ad un modello globale per la convivenza di tutte le diversità, ma che non sia a discapito delle “antiche” normalità, se no siamo punto e a capo, oltreché – a mio parere – fottuti. E io credo ancora che il “nostro” modello, se accompagnato da un nuovo e globale illuminismo – ma in accordo con i maggiori blocchi politico-culturali del pianeta – sia il più valido. Illusione e utopia, probabilmente, ma a me piace e non ci vorrei rinunciare.

Per concludere, mi vengono ancora in mente il Muro del Pianto, che evoca un altra contrapposizione, muro contro muro, secolare; e poi il muretto di Alassio, che dal 1953 è decorato con le piastrelle autografate dai personaggi famosi e, fino al 2014 deliziato dall’elezione di Miss Muretto. Dell’annunciato ritorno della storica manifestazione nel 2019 non ho sentito più nulla e questo è un peccato perché la gnocca è ancora una delle poche cose che unisce. Perlomeno, noi maschietti e nemmeno tutti, che per convincerne alcuni rischierei di sbattere contro un muro di gomma.

8 risposte a "I muri"

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  1. Anch’io, nel mio piccolo, ho pensato che al mondo possa servire (anzi: diviene indispensabile) un nuovo “illuminismo” che faccia rendere con a tutti come la situazione sia cambiata da mille punti di visti e sia necessario trovare nuovi punti di equilibrio.
    Ma non solo politico-sociali, ma anche climatici ed ecologici, perché sono molto pessimista sul percorso che abbiamo imboccato.

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