
Negli ultimi tempi, riflessioni che paiono come le cupe nubi di una brutta tempesta in arrivo, si sono affacciate alla mia mente. Sì, la mia, quella di uno che, fino a quando è nato suo figlio, ha vissuto da Peter Pan, in una confortevole incoscienza: un cazzone o cazzaro, a seconda della zona d’Italia o del mondo dove mi incontravate. Ed ora, eccomi, come un replicante uscito da un baccello ricolmo di liquido bavoso, ad affrontare i cosiddetti casi della vita.
Non che prima fossi Alice nel paese delle meraviglie, semplicemente tutto girava rotondo, come per inerzia. Da quel momento, in un crescendo esponenziale, ho iniziato a sentire direttamente sulla mia pelle, non solo le responsabilità (i figli crescono e le mamme imbiancano…), ma i pericoli che mi circondavano.
L’inquietudine per il mio futuro economico (buste paga alla mano, dal 2008 gli stipendi non sono più aumentati) e l’emergenza ambientale, evidenziata dalla mutazione del clima, sono sotto gli occhi di tutti. Poi, la pandemia, con la vita surreale alla quale ci ha costretto ed infine la guerra. Una guerra con rischio di deriva nucleare, scatenata da un pazzo criminale, che ci riporta all’arcaico concetto di confini politici del secolo scorso, alla sofferenza della morte e alla paura di perdere quel modello di vita – pur criticabile e migliorabile – che è la democrazia.
Tutto questo sembra concorrere ad una fine della società occidentale, della vita, del pianeta. Se non in un modo, nell’altro: debiti, fame, inquinamento, malattia, guerra. Certo in qualche modo ce ne dovremo andare, ma “a pagare e morire c’è sempre tempo”, diceva mio padre, buon anima. Quindi io mi preparo alla tempesta, andando incontro alle sue nubi minacciose e che la forza sia con me: l’amore per mio figlio, la famiglia e la vita, fino alla fine. E se fine non sarà prima del tempo stabilito, sarà stato ancora una volta – per tutti – un ripasso della memoria: quella dei nostri padri, che stavamo per dimenticare completamente. Quella memoria, che spesso io mi facevo cruccio di non saper trasmettere a mio figlio. Invece ci ha pensato la storia, a modo suo: come quelle cure invasive e dolorose, che devastano corpi e anime, per cercare di farci sopravvivere a quel brutto male, che attanaglia l’uomo da sempre, la malvagità.
Ingenuamente percepiamo la libertà e la democrazia come una cosa scontata, naturale che non ha alternative. Putin con la sua guerra ci ha fatto risvegliare da questa illusione e da quello che credevamo l’unico modo di vivere. Perché una cosa è adesso chiara: lo scontro è fra la nostra civiltà, pur con tutti i propri difetti e una concezione del mondo che reputa gli individui e i popoli incapaci di decidere il proprio destino e quindi bisognosi di essere guidati in ogni fase della propria esistenza da chi ha l’autorità e la missione divina di farlo. In altre parole libertà contro oppressione.
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Io penso anche un’altra cosa.
Io e te qualche decennio ce lo siamo comunque messo alle spalle.
Ma io nostri figli?
Che vita stanno affrontando? Che mondo dovranno gestire? Perché devono pagare loro?
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Già… meglio non pensarci. Noi baby boomer siamo figli di un sogno, siamo una generazione che non ha conosciuto né guerra, ne fame. I nostri figli, purtroppo, avranno molto di più da insegnare.
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Evidentemente è cosa assai diffusa, quella della percezione della mancanza di un riparo alla tempesta che si sente prossima ventura.
Leggendo qua e là, mi vien da capire quanto poca conoscenza si abbia degli eventi climatici. Le tempeste perfette non nascono da una sola corrente perturbativa, bensì dall’incontro scontro tra diverse correnti, portatrice ognuna di caratteristiche ed intenti diversi.
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Condivido le tue paure per il futuro Che già avevo trent’anni fa quando mi domandavo se mettere o meno al mondo un bambino.
Si stanno avverando piano piano le teorie di altri scrittori di fantascienza come Bradbury, Asimov e Phiph Dick “Do androids dream of electric shhep?”
Grandi progetti ma anche individualmente poche azioni.
Shera
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