Sto leggendo ogni tipo di critica sulla’Eurovision Song Contest, in corso in questi giorni a Torino. Trattasi di una competizione canora, la cui prima edizione si svolse a Lugano nel 1956. In quegli anni nasceva lo spirito dell’Europa moderna, che animò anche un altro spettacolo, di giochi tra squadre europee, dal titolo “Giochi senza frontiere“. Io ero piccolo e, ripensando ai primi anni 70′, ricordo anche la giornata dedicata alla Comunità Europea, che celebravamo a scuola con disegni a tema.
Può apparire retorico, ma tutto questo mi ha trasmesso uno spirito europeista, grazie al quale mi nacque la curiosità di viaggiare attraverso l’Europa, per conoscere i miei coetanei e le altre culture, pervaso dalla voglia di essere parte di quel tutto. Negli anni successivi, anche il lavoro mi ha accompagnato in questo processo di sentirmi cittadino di un mondo alla Imagine di John Lennon.
Solo la povertà di spirito, conseguente all’essere vissuti in un regime dittatoriale, non consente di cogliere il dato reale, che i confini geografici non hanno più senso. Concetto, che bene invece viene colto dalla manifestazione in questione. Al cospetto di questo, poco mi importano le critiche ai conduttori, al formato dello spettacolo e dei commenti fuori campo, ovviamente criticabili da alcuni, ma che non fanno del male a nessuno. Insomma, il modello generalista ed una certa asetticità dello spettacolo, sono l’unico modo di parlare e farsi comprendere da una platea così vasta, perché è chiaro che l’umorismo, i doppi sensi e le allusioni, alla base di qualsiasi conduzione locale, non possono essere compresi facilmente dalle diverse culture e perdono efficacia quando tradotti.
L’unico linguaggio universale, proprio come i graffiti primitivi, è quello visuale: quindi spazio a spettacolari scenografie ed esibizioni dal vivo solo per il cantato. Il tutto con ritmo, senza intermezzi fuori contesto e focalizzato sulle esibizioni e sulla curiosità di conoscere e conoscersi. La qualità della musica passa in secondo piano: è una festa, l’importante è divertirsi e incontrare ragazzi e persone di altri paesi.
Rispetto al passato, il resto dell’Europa è cresciuto musicalmente, secondo me grazie alle contaminazioni, facilitate dai canali internet e dallo streaming. Questo aspetto, unito alla vittoria dei Måneskin dell’anno scorso e del fatto che l’evento si svolge in Italia, sembra avere consacrato anche da noi la competizione, che in passato era certamente meno attrattiva. A me, per esempio, è venuta una voglia ingovernabile di pogare quando ha iniziato a suonare il gruppo Moldavo dei Zdob şi Zdub & Advahov Brothers.
Logicamente, per far stare in piedi questo circo ci devono essere interessi, ritorni e ricavi. E meno male. Infatti, non finisce di stupire e renderci orgogliosi, a tale proposito, la varietà di proposte turistiche che si vedono negli spot sul nostro paese. In primis di Torino, la mia città, che ospita l’evento. Insomma, al netto di tutto questo ed in un momento in cui ci sono tentativi di distruzione e delegittimazione del nostro modello di vita, io (relativamente ad un gara canora), il bicchiere lo vedo, non solo mezzo pieno, ma tracimante. E riesco perfino a digerire la presenza di Cristiano Malgioglio: il che, è tutto dire.
Guarderò la finale, così come ho seguito tutte le ultime edizioni.
Trovo interessante ascoltare la musica proveniente da altre nazioni, e preferisco di gran lunga le canzoni che si allontanano dai soliti canoni musicali da classifica.
Non vorrei che vincesse l’Ucraina solo per dar loro un “contentino”. Spero vinca la canzone più bella, se la più bella è Ucraina ben venga, ma le vittorie regalate non mi piacciono.
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Anch’io ho pensato la stessa cosa. Vedremo. Stasera seconda semifinale.
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Anche a me è venuta voglia di pogare con il brano dei Moldavi!! Ho immaginato come ci si sarebbe divertiti a una festa popolare (o le feste dell’Unità vecchio stile) animata da musica del genere e fiumi di vino.
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