Ferragni-Segre, chi è l’influencer?

Io non ho mai apprezzato gli influencer. Mi sono sempre interrogato su quali fossero le loro peculiarità, cosa sapessero fare o pensare di diverso dalla gente comune. Ne ho sempre detestato l’inutilità, dato che le opinioni me le creo da solo e non ho bisogno di qualcuno che me le induca. Nella migliore delle ipotesi ho intravisto la loro disinvoltura di fronte ad una telecamera ed un microfono.

Non è peccato cimentarsi, divertirsi e provare. Ma è orribile ostentare la propria ignoranza, disconoscendo e delegittimando qualità come il talento, la bravura e il buon gusto. Pensare che non ci sia bisogno di studiare, fare gavetta ed avere talento, secondo il mito moderno del successo e della ricchezza facili.

Alla luce di queste riflessioni, sto leggendo in questi giorni dell’invito di Liliana Segre a Chiara Ferragni, di visitare il Memoriale della Shoah di Milano, e devo dire che mi si è innescata una rivisitazione della posizione che ho espresso all’inizio. Ovvero, certamente, non tutti gli influencer sono così. Occuparsi di cose futili e leggere non è una colpa, è un gioco che diventa molto remunerativo solo se si diventa validi imprenditori e se si ha una qualche forma di talento nel fare qualcosa, come il caso della Ferragni: l’imprenditrice, appunto.

Quindi pur restando distante da quello che dicono gli influencer, posso solo riconoscere apprezzamento nei confronti di quelli che usano la loro fama e la spendono per delle giuste cause, più importanti di ciò che promuovono. Purtroppo, al momento, ancora non trovo risposte ufficiali, se non un tweet di Fedez. La Ferragni ancora tace. Certo, per personaggi esposti pubblicamente ci possono essere diversi risvolti: sicurezza personale, impegno sociale e politico (anche se questo non dovrebbe esistere sul tema dell’olocausto) e poi, economico e commerciale. Ebbene, spero che ci sia buona fede(z) e che non ci siano calcoli di convenienza, tipo il famoso “mi si nota di più se vengo…” di Nanni Moretti.

Liliana Segre sarà anche stata consigliata dal suo entourage, ma la modernità dell’annuncio tramite il quale, una donna di quella età, nonché di immensa cultura e sensibilità, ha invitato la Ferragni, mi hanno fatto provare un moto di ammirazione enorme nei suoi confronti, se ancora fosse stato possibile averne di più: una influencer, vera, storica, morale e culturale. Almeno, per me.

23 risposte a "Ferragni-Segre, chi è l’influencer?"

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  1. E così un’influencer (ma è davvero tale?) inattesa piega la resistenza verso un’influencer professionista. Che poi quest’ultima si spenda per una giusta causa, non pone assolutamente rimedio alla nefandezza di diventare imprenditore/imprenditrice sfruttando le altrui debolezze morali e culturali. Siamo sicuri che giova alla memoria della shoah essere visitata (e poi ricordata?) da persone deboli moralmente e culturalmente? Ho l’impressione che la Segre non abbia bem chiari i retroscena degli influencer.

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      1. Il vero guaio, la vera povertà della memoria ha due origini: la famiglia e la scuola. Se questi funzionassero non occorrerebbe la Ferragni. E poiché non funzionano la Ferragni è una calamità che si somma alle due.

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  2. La Segre ha fatto a mio avviso una mossa intelligente, anche se tempo che la Ferragni possa essere messa in difficoltà: vado solo perché mi ha chiamata, o perché ci credo davvero? o perché non posso dire di no? o perché acquisto punti nel web?

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  3. Personalmente credo che la Segre, con tutto il rispetto, abbia sbagliato. Primo, per il tipo di persone che la Ferragni può influenzare, che non sono secondo me in grado di comprendere il dramma e la vera portata della Shoah, se non superficialmente. Secondo, e più importante, perché se ci riduciamo a chiedere aiuto a un’influencer per una cosa così importante, vuol dire che siamo sconfitti, come società, come scuola e come famiglia. La cosa mi ha messo una tristezza infinita, ma posso sbagliarmi naturalmente.

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  4. Tematica molto complessa che non starebbe in un solo commento, diciamo che gli Influencers esistono perché qualcuno permette loro di esistere, e non parliamo solo dei giovanissimi. Sono un fenomeno cresciuto di pari passo coi social, e sarebbe impossibile farli sparire, come lo sarebbe far sparire i social stessi. Quindi la penso abbastanza come te, ben vengano gli impegni per le giuste cause, non è la prima volta in cui Fedez e la Ferragni vengono coinvolti (penso a Conte che chiese di fare un appello a indossare le mascherine, per dire). Certo, rappresenta un po’ un rovesciamento di ruoli, e forse anche un cambiamento discutibile di valori, ma se si ottiene il risultato voluto va bene così

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  5. Io credo sia un concetto da legare al “modello” dove per modello intendo il modello di vita che è in vigore in quel momento… lo standard di mercato… quello proposto e divulgato… con il mio passato anche a me verrebbe da dire che chiedere oggi a Fedez e la Ferragni (per citarne due citati nel post) di aiutare e promuovere l’utilizzo della mascherina o sfruttare la loro popolarità per diffondere un veicolo storico di cultura come un museo, abbia al suo interno un qualcosa che stona… però questo è relazionato al modo in cui io sono cresciuto e in cui io ho visto diffuse certe immagini e certi contesti. Non sono mai riuscito a capire o a convincere me stesso che questa sia una forma di misura e valutazione corretta… perchè chi non ha conosciuto e vissuto quel modello ma altri non può soffrire nemmeno della mancanza di quelli non vissuti, quindi non potrà mai percepire la forma differente nella sostanza del contesto.. e allora forse è giusto così… questo è quello che viene proposto oggi, con i metodi comunicativi di oggi, con i contesti di oggi.. infondo quello che conta è che si riesca in qualche modo a stuzzicare una coscienza personale che possa divenire così un pò più consapevole che siamo qui per caso, ma non a caso… 🙂 chissà…

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      1. si, ma quello che non comprendo ancora.. anche rispetto a quello che hai scritto è quel ” “non ce la fanno da soli… e metodo alla loro portata” che nasconde una sorta di giudizio che però omette il fatto che il loro vissuto potrebbe non avergli messo difronte gli elementi che sono stati messi a noi… fino a che punto può essere una colpa?? oppure una semplice conseguenza del tempo in cui sono appartenenti??

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      2. Io penso che certe cose nella vita si devono capire da soli. Non sono tollerante. Tuttavia il mio timore è che si perda la memoria, che è il primo passo per ripetere gli errori. Non si tratta di mettersi in una posizione superiore, ma di credere in qualcosa che sappiamo e cercare di fornire strumenti di riflessione ad ognuno.

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      3. Io sono molto allineato con questo pensiero, spesso ho pensato che la tolleranza alla fine sia un alibi… il punto è che per quanto creda in quello che scrivo, non riesco ad esserne fermamente convinto… perchè il vissuto non trascurabile così matematicamente… diciamo che in termini di grandi numeri ne sono convinto ma se vado ad analizzare nel micro l’errore singolo potrebbe essere clamoroso… questo casino da quando ho letto il cigno nero… 🙂 di fatto noi viviamo in qualsiasi caso nel micro ma ragioniamo quasi sempre nel macro… non la trovo così semplice…

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      4. Dubbi leciti… parli con uno che non è nemmeno certo di esistere (vedi ultimo post). Tuttavia cerco di darmi una linea guida per non sbarellare. Pensa ho un bimbo di 7 anni… io che ho l’età di un nonno… immagina cosa guarda quello in TV e soprattutto su You Tube… lo monitoro, a volte intervengo se vedo… ma non posso proibire e fare finta che il mondo sia uguale a quello che avevo conosciuto io. Perderei in partenza. Gli parlo, come parlo con te adesso e cerco di mostrargli le cose da più prospettive, non solo quelle indotte. Quindi faccio esercizio quotidiano.

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      5. ti capisco, io ne ho uno di 14 e uno di 9… ed è proprio per questo che mi faccio queste domande, anche verso me stesso… quando è giusto giudicare il loro mondo dal nostro.. è inevitabile, ma le parti che mancano a loro determinano un “potenziale” errore nel nostro criterio di valutazione?!?! ad ogni modo anch’io ritengo che la via del dialogo, dello scambio e del confronto sia la migliore percorribile…

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      6. ah eh, solo per precisare… con “non la vedo così facile” non intendo che il tuo punto di vista sia troppo semplice, intendo che quando mi ci metto dentro all’argomento non riesco ad uscirne con convinzione assoluta… 😉

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      7. non ci riesco…. ho provato molte volte, ma mi sembra sempre di girare attorno a cose già dette oppure di scrivere perchè spinto da una sorta di obbligo… io ho sempre scritto per riflettere i miei pensieri su quelli degli altri e vedere quello che ne usciva se presi da un altro punto di vista, da un altro vissuto, da un altra persona… sono come imprigionato da questo punto di vista…

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  6. Liliana Segre da anni porta avanti la sua ‘missione’ all’interno delle scuole. Conosce bene i giovani ed h capito come è cosa smuove il mondo giovanile. La Ferragnez non è una influencer tout-court : è un imprenditrice affermata e non una delle tante. Io non la amo né la seguo ma ne riconosco l’appeal.
    Dunque? Apprezzo la modernità di Liluana Segre Sicuramente lontana anni luce da questo tipo di comunicazione ma che ne riconosce l’incisività.

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