
Nelle aziende di certe dimensioni, per intenderci, quelle dove non parli mai con la proprietà, non si è mai persone: semmai si è un capitale o una risorsa, da sfruttare o, più elegantemente, da valorizzare. Mai illudersi, mai lasciarsi abbagliare, mai credere agli slogan aziendali. Credere solo in se stessi e in quelle poche persone delle quali ci si può fidare, ma solo col crescere dell’esperienza. Il resto è la famigerata fuffa. Ma cominciamo dall’inizio. Quando ancora non esistevano attività come recrueting, coaching, training, in ufficio si lavorava ridendo e divertendosi – cosa che oggi è vista male da chi svolge le suddette attività. Si organizzavano attività esterne al lavoro – sia spontanee che incoraggiate dalla stessa azienda – e il lavoro era ancora un esperienza umana e si fondeva con la tua vita, nel bene e nel male. Poi quell’azienda, chiamata Fiat, diventando prima FCA, poi con la fusione con PSA, si è dissolta come un castello di sabbia all’arrivo dell’alta marea.
L’obiettivo dell’operazione della proprietà Agnelli-Elkan, lato Italia, sono stati l’operazione finanziaria e l’abbandono della vera e propria attività industriale, con la conseguente totale dilapidazione del tanto decantato capitale umano e, con esso, di un pezzo di storia industriale del nostro paese. A tale proposito riporto quanto l’Avvocato disse: “Quando me ne sarò andato, la crescita e il consolidamento di tutto quello che è stato costruito, alla fine dipenderà dalla qualità delle persone, e dal fatto che ci credano o no. Perché sono loro che dovranno affrontare il prossimo periodo di avversità. E sono loro il patrimonio della Fiat: i suoi uomini.”
Non credo si riferisse solo al capitale ed ai manager. Se fai auto, un certo qual valore l’hanno anche gli operai, gli impiegati e i tecnici… ma cosa ci si può aspettare, quando molti di quelli che li comandano, non hanno più idea di quello che essi fanno? Con tali premesse, quale peso FCA poteva mantenere nella fusione? Forti di questo, ai tavoli (nel mio piccolo ambito) cui ho partecipato, i francesi davano per scontato che il metodo di lavoro da adottare fosse il loro, senza mai aprire un reale confronto per scegliere il meglio delle due parti. Perciò mi è parso evidente che lo stesso fosse già precedentemente accaduto ai nostri direttori, come ufficiali ai quali erano state strappate le mostrine con i gradi. E loro, e noi, lì come dei neo assunti, umiliati: peccato che invece fossimo uomini – il capitale umano – di una multinazionale moderna e organizzata, già da molti anni, mentre loro sono rimasti ai tempi di Asterix e, per di più, con la spocchia di Napoleone.
Quindi, alla fine, ricevuta un offerta economica come incentivo, sono uscito da Stellantis e ora sono padrone del mio tempo. Sereno, orgoglioso e contento del mio percorso lavorativo, grazie al quale ho vissuto esperienze professionali ed umane indimenticabili, che purtroppo difficilmente potranno fare parte dei bei ricordi per i giovani, nel nuovo mondo del lavoro di questa grande azienda, della quale più nessuno è orgoglioso e dalla quale tutti scappano; che non esiste più e dove il capitale umano è diventato carta straccia.
Triste verità purtroppo, che coinvolge più o meno penso tutte le grandi aziende
"Mi piace"Piace a 1 persona
Per chi è rimasto, se riesce o non può per motivi personali, uscire in mare aperto (figli, mutui, famiglia) è angosciante pensare di passare degli anni così.. forse sono milioni di persone, mica solo dov’ero io…
"Mi piace""Mi piace"
Ti capisco benissimo, e apprezzo la scelta che hai fatto. Io sono ormai alla fine della carriera lavorativa (almeno spero) ma negli ultimi anni ho assistito ad un costante degrado del modo di lavorare e della considerazione verso i lavoratori. Ultimi anni poi nemmeno tanto, io farei partire l’inizio dal 1992 e dalle forsennate privatizzazioni. La globalizzazione doveva portare benessere a tutti: ha portato precarizzazione, sterilità nei rapporti lavorativi, negazioni di esperienze umane e professionali. Hai fatto bene, e ti auguro di vivere bene il tuo tempo!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ti auguro presto una buona occasione. La prima cosa che io ho apprezzato è stato il tempo per le mie cose di famiglia e personali senza doverle continuamente rimandare! Poi provo amarezza per i colleghi più giovani e un po’ più giovani come te, che ho lasciato nelle condizioni che descrivi e sapendo il loro valore… del resto dovevo fare la mia scelta. Comunque continuiamo a frequentarci: è rimasta l’amicizia, e questo la dice lunga su come mi sia trovato bene in quell’azienda. Del resto quanti post del mio blog sono nati durante le trasferte di lavoro e quante risate, anche se a volte un po’ grasse, ma ci sta.
"Mi piace""Mi piace"
Anche Vittorio
https://indirettaconmestesso.wordpress.com/
lavora nella tua stessa ex-ditta, e mi racconta di come sono diventati i rapporti lavorativi ed umani negli ultimi anni. credo che anche lui, di una manciata di anni più giovane di te, non si ritrovi più, e magari (non vorrei sbagliarmi) non veda l’ora di uscirne.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Sono rare le aziende che valorizzano il capitale umano.
Al delirio più grandi diventiamo e meno contiamo-
Pagano agli anziani due anni basta che te ne vai.
"Mi piace"Piace a 1 persona
A me hanno pagato 4 anni. Ma questo in una logica di azienda che deve rimanere viva ci sta. Quello che mi fa male è constatare l’umiliazione che subisce la professionalità, che è passione quando si constata che i riconoscimenti si siano azzerati dal 2008 (buste alla mano lo stipendio è sempre rimasto uguale!). Un umiliazione che tocca, da quello che comprendo dalle risposte, anche altre aziende. Probabilmente parliamo di milioni di persone di cui non fotte un cazzo a nessuno. E penso dispiaciuto a quelli un po’ più giovani come te che devono ancora lavorare degli anni.
"Mi piace""Mi piace"